mercoledì 24 agosto 2016

ANTEPRIMA "RESURREZIONE": Capitolo 5 – L’OASI DI ANFAR



Se l’Erg di Myrin era uno dei luoghi più inospitali del pianeta, l’oasi di Anfar era semplicemente meravigliosa. Una macchia di vegetazione verdeazzurra nel bruno rosato della sabbia arida.
Gli alberi di muwdra, questo era il nome, non toglievano luce, ma quando il sole era più alto e cocente filtravano con una efficacia inaspettata i raggi che il sole dardeggiava con maligna ferocia.
L’aria rovente veniva rinfrescata da quell’ombra soave al punto che al centro dell’oasi c’era quella che chiamo la temperatura perfetta: ne caldo ne freddo e con il giusto tasso di umidità.
Veniva voglia di mettersi nudi per gustare a fior di pelle quella carezza.
La differenza di temperatura tra il bordo dell’oasi ed il centro creava una ventilazione naturale: tra gli alberi spirava sempre una brezza che stemperava il calore. Nel centro esatto dell’oasi c’era la cosa più preziosa che qualsiasi essere possa trovare in un deserto: l’acqua. Il lago non era esposto alla luce del sole. I muwdra in vicinanza dell’acqua diventavano enormi ed i tronchi, anche se radi, misuravano circonferenze anche di sei metri. La chioma dalle larghe foglie misurava decine di metri, chinata su quel gioiello liquido come mani gelose a coprire le forme di una donna.
Il lago era limpido e l’acqua freschissima.
Avevo ridimensionato il dispositivo difensivo per il sito di estrazione, rendendolo più compatto. Due pattuglie formavano il perimetro, le altre due erano accampate attorno alla casa di Navan, in riposo.
Per dare il cambio usavamo dei muli: dei piccoli trasporti ad antigravità in grado di alloggiare un plotone di Marines con il loro equipaggiamento. Torres li aveva prelevati da un deposito della Fanteria Federale presente su Primus producendo documenti falsi e nel deserto si erano rivelati utilissimi, risparmiandoci tempo e fatica per coprire i dieci chilometri che separavano Anfar da dove stavamo scavando il PCLT-5.
Il villaggio, ovviamente, partiva dalle sponde del lago e si allargava come i petali di un fiore verso la periferia. Le case, fatte di sabbia cosi compressa da sembrare cemento al tatto e  con le mura spesse un metro, erano dipinte di bianco ed avevno le imposte blu e si sviluppavano solo al piano terra. Tutte avevano una scala che portava sul tetto piatto, che fungeva da terrazza.
L’unica che differiva dalle altre era proprio la casa dove ci trovavamo: quella di Cirlik Navan.
Il nome non mi diceva nulla, ma il fatto che fosse stato un discepolo di Ur e che lo avesse conosciuto lo rendeva straordinariamente interessante.
Quando lo avevo comunicato a Daria ed a Glora, avevano voluto scendere a tutti i costi su Myrin ed Edson le aveva seguite, avido di notizie quanto loro.
Navan godeva di autorità e di ottima reputazione presso i Tawar che abitavano l’oasi ed aveva ottenuto il permesso dal capo, Nagib Muna Ad Tawari, di farci entrare e soggiornare nell’oasi.
Per la prima volta avevo potuto vedere gli indigeni dell’Alto Erg: esseri dai tratti perfettamente umanoidi dalla pelle blu scuro liscia come il velluto.
Si muovevano sulla sabbia con una precisione ed un rapidità che lasciavano interdetti. Ed erano estremamente silenziosi. Aspettavo davanti alla casa di Navan l’arrivo del mulo con a bordo Daria, Edson e Glora.
Il mezzo rassomigliava ad una saponetta in metallo completamente aperta superiormente, in modo da poter far sporgere il busto e le armi, e viaggiava sospeso a cinquanta centimetri dal suolo. All’occorrenza poteva decollare e raggiungere una quota di un centinaio di metri, trasformandosi in una piccola piattaforma di tiro volante.
Alla guida c’era Kathryn. Fece scivolare lentamente il mulo lungo il vialetto di sabbia battuta che attraversava l’oasi da nord a sud e sorprendentemente vidi che al seguito c’era un codazzo di bambini Tawar. Incuriositi dagli stranieri arrivati dalle stelle, avevano vinto la diffidenza e la timidezza tipica di quel popolo schivo.
Arrivata all’altezza della casa, Kathryn arrestò il mezzo, poggiandolo delicatamente sui pattini di atterraggio.
«Ciao Dex. Ti ho portato gli ospiti» disse Kathryn in Inglese Standard.
«Grazie Kat.»
Mi avvicinai ed aiutai Daria, con il pancione, a scendere dal mulo.
Vidi Glora aiutare Daria a sua volta.
Daria la ringraziò, ma notai che non la guardava in viso.
Daria tiene le distanze. Spero che questo non sia sintomo di altri problemi.
«Io torno all’accampamento, Dex. Se hai bisogno chiama via radio.»
Con un ronzio sommesso il mulo si risollevò e Kathryn sparì nella penombra tra gli alberi.
Navan era impettito ed aveva messo una tunica blu, come quella dei Tawar con cui viveva.
Si rivolse a me.
«Come faremo a parlare? Farai tu da traduttore Dexter?»
«Si.»
«Allora inizia...»
Si girò verso il trio e parlò in lingua Namer come se tutti la potessero capire.
Cercai di tradurre meglio che potevo, sentendo in arrivo un mal di testa.
«Il mio nome è Cirlik Navan vi do il benvenuto nella mia casa. Anche se l’Erg di Myrin non è il miglior luogo dove atterrare, l’oasi di Anfar è un piccolo paradiso.»
Solo allora notai che c’era un quarto componente del gruppo. Turing era sceso dal mulo anche lui.
Ho bisogno di tutte le risorse intellettuali per capire chi abbiamo di fronte. Forse è un bene che sia qui.
«Dex… Credo sia il caso che tu faccia le presentazioni» disse Daria.
Aveva il capo leggermente piegato ed un sorriso gentile. Empatia in azione.
Annuii.
«La donna che ha parlato è Daria Yx. È un ufficiale scientifico della Flotta Federale. L’altra donna è Glora Imex. Anche lei è ufficiale e donna di scienze.»
Navan annuì a sua volta con sussiego.
«Non sono della tua specie» osservò.
«No. Sono entrambe Dariane.»
«Io sono anche tua moglie Dex. Diglielo» insistè Daria.
Glora Imex le scoccò uno sguardo e poi tornò a fissare il Nameriano.
Tradussi quello che aveva detto Daria e Cirlik Navan annuì soddisfatto.
«Questa è una cosa insolita, Dexter. Due persone di specie diverse unite in matrimonio. Ci sarà tempo per fare delle domande, spero. Chi sono i due Terrestri?»
«Il più anziano è il Consigliere Reginald Edson. Ed il più giovane il capitano dei Marines John Turing.»
«Consigliere? Che titolo è?»
«Fa parte del Consiglio Federale, un’organo del governo.»
«Un Consigliere cosa fa? Consiglia il vostro imperatore?»
«Non abbiamo imperatore» intervenne Edson non appena tradussi la risposta «Esiste un presidente, eletto dai popoli della Federazione.»
«Permettete ai popoli conquistati di governare?»
Il tono di Cirlik Navan era sbalordito.
«Si. Contribuiscono alla prosperità della Federazione, quindi hanno diritto di partecipare alle decisioni del governo» rispose Edson.
«Anche questo sarà oggetto di molte domande. L’umanoide Turing chi è?»
«È un ufficiale della mia unità. È esperto di tecnologia.»
«Ah la tecnologia! Un’arma a doppio taglio!» esclamò Cirlik Navan e poi aggiunse «Suppongo che sarà lui quello che farà molte domande.»
Turing ridacchiò imbarazzato.
«Penso proprio di si, signore. Non capita tutti i giorni trovarsi davanti ad un alieno vecchio di oltre un secolo!»
Tutti, tranne Navan, guardammo sorpresi il capitano Turing.
La verità a volte ti è davanti agli occhi, ma non è detto che uno la veda. Turing ne ha appena svelata una.
«Entrate nella mia casa. Le conversazioni si fanno meglio davanti una tazza di kufwa calda od un vassoio di frutta fresca.»
L’entrata dava su ampio spazio con le pareti interrotte regolarmente da ampie finestre dalle imposte blu.
Sentii Glora mormorare.
«Adesso ho capito perché è l’unica casa con un primo piano…»
Il piano terra più che ad un salotto era una via di mezzo tra un laboratorio ed una biblioteca e probabilmente la parte abitativa si trovava al piano superiore.
Le pareti erano per tre quarti coperte di scaffali popolati da centinaia di cilindri con delle scritte in nameriano.
Lessi qualche titolo su quelli più vicini: gli argomenti spaziavano dalla biologia molecolare alla storia dell’Impero.
C’era una enorme scrivania in legno chiaro, probabilmente lo stesso degli alberi che popolavano l’oasi. Sopra c’era uno schermo e qualche decina di cilindri impilati in disordine.
A lato della stanza uno scaffale era pieno di componenti elettronici o meccanici, non lo avrei saputo ben dire, con un tavolo ingombro delle stesse cose, più altri dispositivi che avevano tutta l’aria di essere destinati ad essere montati in qualche apparecchiatura.
In tutto questo caos, in un angolo luminoso ma al riparo dalla luce diretta, c’era un tappeto coloratissimo ed una serie di cuscini con un tavolo basso al centro.
Una figura blu, dai tratti femminili, ci guardava in piedi in quell’unico posto destinato all’accoglienza.
«La mia servitrice tawar, Zywa» disse Cirlik e poi aggiunse «Scusate il disordine ma raramente ricevo ospiti.»
«L’antro del genio» replicò Edson.
Cirlik scosse la testa.
«A volte il genio genera mostri, Consigliere.»
Ci sedemmo nell’angolo con i cuscini, Glora ed io aiutammo Daria, impacciata dalla gravidanza.
Notai che nonostante tutto si era portata appresso la pistola con tutti i caricatori di riserva, ed altrettanto aveva fatto Glora.
Edson e Turing erano muniti di fucile d’assalto, che misero accanto a loro appoggiato alla parete.
«Cosa gradite? Qualcosa di caldo o qualcosa di freddo?» chiese Cirlik Navan.
«Quali sono le usanze ad Anfar?» domandò Daria.
«In genere a quest’ora i Tawar bevono kufwa caldo. È corroborante e da forza.»
«Lo gradirei molto.»
«Credo che ci uniremo al maggiore Yx» risposero Edson e Glora.
Navan diede rapide istruzioni a Zywa. La donna si inchinò leggermente ed in maniera assolutamente silenziosa uscì dalla stanza.
«È usanza che non si parli e non si facciano soprattutto domande fino a che l’ospite non è stato servito» disse Cirlik Navan.
«Ci adegueremo. Abbiamo una forte tradizione, nella Federazione, nel rispettare le usanze degli altri popoli» rispose Edson.
«Questo è indice di saggezza.»
Dal poco che ha detto finora, sembra che Cirlik Navan stimi molto la dote della saggezza. Mi chiedo come potrebbe considerare i Quattro Pilastri Dariani.
Il pensiero di Daria mi arrivò forte e chiaro nella mente.
… Pensi come un Dariano. Senti come un Dariano. Ami come un Dariano?...
… Il dubbio uccide, Daria. Segui il cuore, non la ragione…
La voce si spense.
Zywa tornò in quel momento con un vassoio: sei ciotole ed al centro una cuccuma fumante in terracotta. La Tawar era come comparsa dal nulla, senza fare rumore.
Posò sul tavolino al centro il vassoio e poi estrasse da una tasca un sacchetto di stoffa.
Recitò qualcosa nella sua lingua.
Improvvisamente sentii Navan cantilenare in nameriano: «Un pizzico per ogni tazza, ogni tazza da il tributo alla caraffa. Così il kufwa darà forza all’ospite, cosi il kufwa darà forza alla casa
Mi venne istintivo domandare.
«Cosa significa?»
«Le domande dopo il primo sorso, curbak Dexter Dax.»
Zywa prelevò dal sacchetto un pizzico di erba con la punta delle eleganti dita blu e ne depose una per ogni tazza. Poi ne prese sei porzioni, una ad una, e ripetendo la litania le gettò nella caraffa di acqua bollente.
Prese un mestolo di legno, lo immerse nella caraffa e girò l’infusione.
Stavolta la litania fu diversa.
Navan cantilenò di nuovo con lei in nameriano: «Un giro per ogni tazza, più uno per la caraffa. La forza esce dal kufwa per entrare nell’ospite, come la forza del Creatore uscì dal suo Occhio Benedetto e creò il mondo. In principio era il caos, ma il Creatore diede ordine. Ora dall’ordine ricreo il caos. Cosi il kufwa da forza all’ospite, cosi il kufwa da forza alla casa.»
«Beviamo» disse con un sorriso Cirlik Navan.
Guardai con un po’ di apprensione la ciotola ripiena di acqua scura con delle spezie che vi galleggiavano sopra. Poi la portai alla bocca e bevvi un piccolo sorso.
Se avevo definito il tè di Par-Dak una delizia ristoratrice, l’effetto del kufwa fu quello di una medicina, o di una droga. Il calore del sorso scese giù lungo la gola fino allo stomaco. Poi parve irradiarsi come se avesse trovato un chakra e lo avesse attivato alla massima potenza. La stanchezza e le preoccupazioni mi parvero una cosa remota. La temperatura del corpo si abbassò, perché smisi di sudare, e la stanza sembrò percorsa da una fresca brezza di primavera. Avevo la sensazione di potermi alzare e fare i quindici chilometri di corsa mattutini dei Marines in scioltezza. E poi di poterne fare altri quindici ugualmente senza problemi.
Parlai in nameriano e per la prima volta, da quando cambiavo lingua, non ebbi il solito giramento di testa iniziale.
«È una bevanda miracolosa, Navan!»
Vidi Daria sorseggiare lentamente dalla ciotola, gli occhi chiusi. L’espressione era simile a quella di una persona che dopo un lungo cammino abbia trovato un luogo dove riposare. Tutti sembravano lasciare da parte il cattivo umore o le paure che accompagnavano il nostro viaggio. Cirlik Navan sembrava calmo e soddisfatto, ci guardava sorridendo come un Buddha sotto ad un albero di banano.
La Tawar disse qualcosa nella sua lingua, Navan tradusse.
«Zywa chiede se il kufwa è di vostro gradimento.»
Daria aprì gli occhi e guardò la servitrice.
«Grazie Zywa. La mia bambina ed io ne avevamo bisogno.»
Zywa spalancò gli occhi. Erano neri, senza bianco come quelli di dariani. Aperti sulla pelle blu indaco del volto davano l’impressione di guardare dentro dei pozzi neri.
«Zywa chiede come fai a sapere che la tua bambina ne ha bisogno» tradusse ancora Navan.
«Io posso sentire quello che sente la gente attorno a me. Ed anche la mia bambina. Si chiama empatia. E ti posso dire che la mia bambina ora è felice.»
Zywa si ritrasse spaventata.
«Zywa chiede se puoi leggere i suoi pensieri. Si vergogna.»
«No, non posso leggere i suoi pensieri. Ma le sue emozioni si. Ed ho apprezzato l’amore con cui ci ha preparato il kufwa» rispose Daria sorridendo dolcemente.
Zywa si mise una mano davanti alla bocca, come una bambina che avesse parlato troppo.
Poi disse qualcos’altro e vidi Navan ascoltare ed approvare annuendo energicamente.
«Zywa dice che non c’è altro modo di preparare il kufwa se non pieni di amore per l’ospite.»
«Che tu sia benedetta, Zywa» replicò Daria.
La Tawar finalmente sorrise e si portò una mano all’altezza del petto. Lo battè tre volte.
«Accetto la tua benedizione, Donna delle Stelle.»
Navan congedò la Tawar, che sparì dalla stanza nel suo solito modo silenzioso.
«Hai conquistato un cuore Tawar con la tua benedizione, Daria. È molto raro. C’entra nulla la tua empatia?» chiese Navan sorpreso.
«Sentire le emozioni degli altri aiuta a comprenderli.»
«Tocca a me con le domande visto che sono il padrone di casa. Risponderò alle vostre solo quando avrò finito di fare le mie.»
Edson annuì.
«Mi sembra giusto. In fondo siamo solo ospiti di passaggio qui.»
«Da dove venite? Il curbak Dexter Dax dice che siete Terrestri. Ma non vedo solo Terrestri qui. Che luogo è la Terra?»
«È una storia lunga, ma gliela racconterò volentieri, se il colonnello Dax ce la fa a tradurla tutta» rispose Edson
«Ho tempo. E poi ho capito una cosa, Consigliere Edson. I Marine sono tipi tosti. Ce la farà…»
Edson rise.
«Lo so. Sono stato anche io un Marine.»
Edson passò l’ora successiva a raccontare come la Terra si fosse trovata in difficoltà, con le proprie risorse esaurite e l’ecosistema devastato da secoli di sfruttamento indiscriminato, di come fosse stato scoperto l’FTL (l’Iperluce, come lo chiamavano i Nameriani) di come ci fossimo avvenurati tra le stelle e come fosse nata la Federazione Terrestre.
Ogni tanto Cirlik Navan interrompeva garbatamente per fare una o due domande, annuiva gravemente ed Edson proseguiva.
Il volto gli si scurì mentre Edson descriveva l’invasione Urdas e la guerra che stavamo combattendo.
Quando il Consigliere Federale finì il racconto Cirlik Navan rimase in silenzio per qualche minuto.
Poi lo infranse con una frase sola.
«Torneranno.»
«Navan…» intervenne Glora Imex. La lingua era nameriano, ma non aveva parlato lei.
Nessuno, durante il racconto di Edson, aveva notato che aveva indossato un’oggetto di cui, nella Federazione, esistevano solo due esemplari: il mio e quello, appunto, che aveva riportato lei da Par-Dak. Glora stava usando un Meh-Namer.
Il che semplificò la comunicazione per lei, ma raddoppiò il mio lavoro, visto che ora dovevo tradurre ai presenti sia Navan che la Imex.
«… Dobbiamo sapere di più sugli Urdas. Noi sappiamo solo che sono una razza mutante dei Nameriani. Non sappiamo nulla di Ur, solo che furono creati da lui e che ci fu una guerra civile, una ribellione, che gli Urdas persero. Il nostro viaggio verso Namer è nella speranza di trovare alleati. Gli Urdas sono troppo numerosi per la nostra Flotta.»
Intervenni io a mia volta, prima in Inglese Standard e poi in Nameriano.
«Hai detto che tu eri allievo di Ur e che lo hai conosciuto. Ma ciò è stato molto tempo fa. Più di un cento anni fa, come il capitano Turing ha intuito. Vogliamo sapere la storia dietro gli Urdas. Solo cosi possiamo capire se c’è un punto debole che non sappiamo.»
Cirlik Navan rimase di nuovo in silenzio a lungo, gli occhi chiusi, come se stesse rivivendo un passato lontano e doloroso.
Glora mi guardò.
«Dex ti do il cambio io nel tradurre se vuoi.»
Annuii e la ringraziai dal profondo del cuore, tradurre dal Nameriano all’Inglese Standard richiedeva un grosso sforzo ed ero esausto. Ne approfittai per bere un sorso di kufwa. L’effetto, a bevanda fredda, fu minore, ma servì a recuperare ugualmente forze.
«È una lunga storia anche la mia, anche se non abbraccia mille anni come la vostra ma solo l’ultimo secolo e mezzo. Ed è la storia di come un genio assoluto, Ur, divenne un pazzo assetato di potere. E di come il suo genio creò cose superbe, come la Bocca di Namer che state usando, e cose mostruose, come gli Urdas. E Myrin, questo pianeta, c’entra con la storia di Ur e la mia molto più di quanto possiate supporre.»
Daria annuì e sorrise.
«Finchè abbiamo kufwa e tempo ascolteremo.»
Navan sorrise.
«Quello è un vecchio detto Tawar, dottoressa Yx. Ora ascoltatemi.»

(Copyright 2016 Paul J. Horten diritti riservati) 



2 commenti:

  1. ..non sono empatico ma vorrei trasmettere la mi gratitudine per questi 5 capitoli in anteprima. Vorrei continuare a leggere tutto il libro il prima possibile, anche solo come e-book da Amazon. Non vedo l'ora.....Grazie ancora.. (Oz)

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  2. Grazie a te. (non mi arrivano le notifiche! GRRRRR)

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