giovedì 13 novembre 2014

Il Duro Lavoro del Reporter

Questa foto è stata scattata nel 2012 in Israele, a Ramat Ha'Sharon.
È avvenuto durante un test di un'arma che è entrata in servizio nell'IDF pochi mesi dopo, la mitragliatrice leggera NG7 calibro 7,62 NATO, esattamente quella che ho in mano nella foto.
Sull'arma è montato un punto rosso Meprolight M21, che consente di mirare con gli occhi aperti e quindi di non sacrificare la visione periferica, cosa importante visto che di "coscienza situazionale" sul campo di battaglia non ce n'è mai abbastanza ed a volte è la differenza tra la vita e la morte.
Il test fu programmato grazie a vecchi contatti che ho in Israele da ormai quasi 4 anni ed è stato un tour de force assurdo.
Una cosa normale per chi fa un mestiere come il mio: il giornalista tecnico di cose militari.

Innanzitutto la preparazione.
A volte chi nelle fabbriche di armi si occupa di promozione non capisce nulla delle esigenze giornalistiche.
Quando chiesi di poter fotografare l'arma smontata mi fu risposto di no.
Ed è assurdo: non si rivelano certo i segreti salienti di un'arma fotografandola smontata.
Un'arma leggera, poi, non è un sistema missilistico intercontinentale: ha una valenza tattica, non si svelano certo segreti che possono compromettere una nazione.
Perchè per le armi leggere i segreti risiedono altrove: controlli qualità, scelta dei materiali, lavorazioni, trattamento termico, statistiche sui malfunzionamenti e cosi via.
Riuscii a risolvere chiarendo che non mi interessava avere l'arma smontata fino all'ultima vite, ma solo il "field stripping", cioè avere l'arma disassemblata con lo smontaggio campale.
Il "no" divenne un "si".

L'altro problema era il caldo. Ricordo ancora la data: 19 luglio 2012.
Un detto israeliano dice che be'ogost cham kmo tanur, cioè In Agosto è caldo come un forno.
Ed anche se non era Agosto ci eravamo vicini.
Quando sono arrivato alla sede della Israel Weapon Industries a Ramat Ha'Sharon, nel mio completino 5.11, sudavo da ogni poro della pelle e la doccia della mattina aveva cessato qualsiasi effetto.
Ad accogliermi c'era un vecchio amico, A.D., esperto di armi e riservista dell'IDF, la capa del Marketing, Shiri Katsav, l'amica Shiri Shoshanney, la PR della Oreet-Marcom che cura le relazioni pubbliche del Katsav Group.
Esaurito il mio Ebraico siamo scesi subito nei particolari in Inglese.
E li il primo nemico ha cominciato a segnare i suoi punti: il tempo.
Se vuoi fare un servizio fatto bene di tempo non ce n'è mai abbastanza: tempo per le interviste, per i chiarimenti tecnici, per testare l'arma (voglio dire... SPARARCI!) e capire cosa hai in mano e come funziona, tempo per gli appunti, per le foto, per curare le relazioni pubbliche.
Ed anche per mangiare...

La piazzola era una postazione con le sagome a soli 25 metri.
Grazie a Dio se testi una mitragliatrice non testi certo la precisione e non vai a cercare la rosata, ma cerchi di capire come funziona e quanto sia affidabile e controllabile.
A differenza di parecchie ditte nostrane, anche grosse, gli Israeliani non lesinano mai armi e munizioni per le prove.
Anzi... sembra che più spari più sono contenti.
Il che ti predispone bene nei confronti dell'azienda: quando ti lesinano le munizioni per testare un'arma o non vogliono che la stressi, perchè l'arma ha qualche rogna nascosta, oppure è l'azienda ad avere problemi.
O non sanno fare marketing...
La NG7 non aveva problemi di alcuna sorta.
Leggera quanto una Minimi in calibro intermedio, la NG7 sparando dal fianco si rivelò una sorpresa piacevole e quando cominciai a capire come doveva essere tenuta, a parte il rinculo più forte della munizione full power, risultava controllabilissima, chiedendo un impegno appena maggiore della sorellina in 5.56.

Il problema era che gli Israeliani non mi avevano solo fatto trovare le tre armi che avevo richiesto di testare. LORO sono gente SERISSIMA e mi avevano fatto trovare TUTTO L'ASSORTIMENTO di armi che la IWI produceva. Più qualche cassa di munizioni da usare.
Per sfizio mi sono cimentato con l'X95 silenziato in calibro 9 para.
Non devi usare le cuffie (le munizioni sono ordinarie, non a carica ridotta per renderle subsoniche) ed è facilissimo collezionare anche a raffica degli headshot sulla sagoma di cartone, raggruppando stretto stretto, non appena si prende confidenza con l'arma, cosa che avviene piuttosto rapidamente.
Quando si spara si sente a malapena lo schiocco della detonazione, ed il rumore dell'otturatore che si muove è quello più forte. In complesso un'arma per SF perfetta.

Il tempo era tiranno, per cui li ho pregati di farmi concentrare solo sulle armi che avevo richiesto (NG7, Galil ACE e Uzi Pro).
Ed ho fatto bene.
Perchè la parte divertente, quella al poligono di tiro, è terminata ed è arrivata la parte più rognosa: fare delle foto decenti delle armi.
Ricavato in un soppalco degli uffici, c'era lo studio fotografico.
Primo problema: i softbox professionali non li conoscevo ed avevano l'interfaccia Nikon.
Peccato che io uso Canon.
Ho scattato, tra foto in poligono e da studio, circa 450 foto.
Molte sono venute nere oppure bruciate per la mancanza di sincronismo tra macchina fotografica ed illuminazione
E questo ha consumato un sacco di tempo.
Ma non stavo fotografando modelle o facendo un articolo di costume.
Era un articolo tecnico.
Per cui domanda, annotati le risposte, cerca di capire quanto ti dicono sia marketing quanto realmente tecnico, cerca di capire come le usano sul campo quelle armi, quali sono i programmi, quali le peculiarità e perchè esistono.
Il tutto mentre sorridi e silenziosamente dentro di te tiri moccoli perchè quella foto che ti serve di quel particolare non vuole proprio venire, e ti domandi perchè non sei cosi ricco da poterti permettere una D1 full frame con un obiettivo zoom della madonna che ti eviti di cambiare in continuazione e farti rassomigliare ad un giocoliere.
Poi domandi per i manuali dell'armiere o di manutenzione dell'arma.
Sono letture che eviscerano i meccanismi di funzionamento e ti evitano di dire delle castronerie.
Un giornalista tecnico, al contrario di un generalista, non si può permettere approssimazioni.
Deve essere preciso ed affidabile come l'oggetto meccanico che deve descrivere.
Qualcuno ti risponde che non te li possono dare.
Non c'è modo di insistere, ma capisco dopo che devo trovare il canale giusto: non sono segreti militari nemmeno quelli, anche se sono documenti riservati.
Esco fuori, alla fine della sessione di prove, esausto, sudato, in tensione.
Ma soddisfatto.
Ho avuto una anteprima quasi assoluta, ho sparato con un'arma automatica, ho unito due attività che mi piacciono: l'oplologia e la scrittura.

Il risultato?

Il servizio è uscito in Inglese su Small Arms Defense Journal, una rivista americana che gira mezzo mondo e si fa tutte le maggiori esposizioni di armi in campo professionale.

Patemi d'animo, correzioni continue, verifiche con il mio mentore (ciao Claudio!) con cui ho firmato l'articolo a 4 mani.
Perchè non ci si può accontentare di niente di meno che la perfezione.
E sperare che qualcuno si ricordi di quanto sudore e cura hai messo nel fare il tuo articolo, che durerà sulla carta solo quattro mesi per poi venire archiviato chissà dove.



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