Asgard.
Era questo il nome che i Marines della Federazione avevano affibbiato ad una serie di quartieri alla periferia nord di Minia’t. Era stata definita un’area di nove chilometri quadrati, per fortuna disabitata perchè in rovina, ai margini della città ancora semidistrutta dai combattimenti.
I Genieri della Fanteria, della Flotta Stellare e dei Marines avevano lavorato sodo e fortificato ogni punto di accesso, ogni palazzo al confine dell’area e spianato le rovine al di fuori per un raggio di due chilometri.
Poi avevano cominciato a restaurare i palazzi, a volte con interventi radicali come ricostruirli da zero basandosi su vecchie foto satellitari e della ricognizione.
Infine avevano piazzato generatori a CLT-5, dormitori, uffici, steso centinaia di chilometri di cavi neuronali, cablando ogni anfratto, e trasformato alcune parti, appena fuori la periferia, in depositi corazzati, officine meccaniche per mezzi corazzati e per gli Eso dei Marines.
Una piattaforma per navette Dragonfly o le enormi SHAT della Fanteria era stata costruita all’esterno di Asgard, ma il progetto era fatto in modo che un solo battaglione di fanteria o una compagnia di Marines con i loro Eso potessero proteggere eventuali convogli che avessero dovuto percorrere l’unica strada, sorvegliata da droni armati ventiquattro ore su ventiquattro, anche sotto il fuoco nemico.
Asgard era stata progettata, sotto la supervisione di Dax, per essere imprendibile per diversi giorni: il tempo di sgombrarla e di raggiungere Fort Apache, il sito principale di evacuazione con il grande spazioporto.
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