I resti di un Paracadutista tedesco a Montecassino. Era un membro della 1 Fallschirmjägerdivision al comando del generale Richard Heidrich |
Era la notte del 10 maggio 1944.
Il Feldwebel Kranke si portò nella buca dell'Unteroffizier dei paracadutisti Fritz Baumann.
«Cazzo Feldwebel! Mi ha fatto prendere un colpo!»
«Stavi dormendo, ammettilo. Non mi hai nemmeno sentito arrivare.»Baumann si irritò. Quel maresciallo della Wehrmacht lo aveva preso di punta. Lui era un sopravvissuto dello sbarco a Creta, quando ogni cosa che poteva andare male era andata male. Aveva conquistato Aalborg, Maleme e aveva dato il fatto loro ad Americani ed Inglesi. Sopratutto questi ultimi gli erano indigesti: non mollavano mai, quasi come loro.
«Stronzate, Kranke» e tornò di colpo a guardare oltre il reticolato.
«Che c'è?» domando il sergente.
«Feldwebel... non lo so a dirla tutta. È da quando passata la mezzanotte che vedo dei movimenti.»
«E perchè non hai dato l'allarme?»
«Per un soldato nemico?»
«Potrebbero essercene altri!»
«Con tutto il rispetto, Fedwebel, se ce ne fossero stati altri me ne sarei accorto. Ho qualche annetto di esperienza sul groppone. E poi mi deve spiegare una cosa...»
«Cosa?»
«Quando mai ha visto un soldato nemico starsene immobile in piedi nella terra di nessuno?»
Kranke sgranò gli occhi.
«Sei sicuro?»
«Come ora sono sicuro della mia croce di ferro al collo.»
Kranke si lisciò il mento.
Chiunque si fosse rizzato in piedi nel tratto di terreno tra la valle e la cima del Calvario era un pazzo. Od un suicida. E normalmente in guerra le due cose coincidevano, perchè se eri tanto pazzo da fare una cosa del genere era matematicamente sicuro che ti beccavi una pallottola.
«Perchè non hai sparato?»
«E rivelare dove è la mia buca? No signore. E poi non si è mai avvicinato ne alla mia posizione ne a quella di Müller ed alla sua MG. Come se lo spiega?»
Kranke scosse la testa.
Succedevano strane cose da quando era iniziata la battaglia di Cassino. E quella non sarebbe stata ne la prima ne l'ultima.
Il nemico stava raschiando il fondo del barile per aprire la strada verso Roma. Era l'esercito più eterogeneo contro cui le forze tedesche avessero mai combattuto fino ad allora.
Ma anche loro non scherzavano: le Waffen SS avevano arruolato uomini dappertutto nel Reich: c'erano persino Inglesi e Francesi con le mostrine dalla doppia esse runica e la testa di morto sul berretto.
«Non me lo spiego, infatti» disse finalmente «Sono venuto qui per un'altra cosa. L'Hauptmann Hinze vuole che andiamo a controllare la linea telefonica. Fino a ieri funzionava. Dopo l'ultimo bombardamento non funziona più.»
Baumann sospirò. C'era sicuramente in agguato la fregatura.
«La linea telefonica. Perchè non chiamano quelli del maledetto genio? O sono troppo occupati a giocare a carte nelle retrovie?»
«Ne sono rimasti pochini, Baumann. Noi dobbiamo solo andare e riferire dove la linea telefonica si interrompe. Poi ci pensano loro.»
«Feldwebel Kranke, perchè ho come l'impressione che ci abbiano rifilato un bidone e che invece ci cacceremo nei guai?»
Kranke diede una pacca sulla spalla del caporale.
«Perchè è la guerra. Se non è una fregatura questa. Ascolta, ho già avvertito Müller di coprire il tuo settore di tiro. Andiamo.»
Si mossero nella notte, tenendosi bassi. Poi dove la linea del reticolato si abbassava e c'era il varco, guardato da un'altra MG42, si misero a terra e strisciarono.
Baumann bestemmiò quietamente.
«Lo sapevo» bisbigliò « Un tratto di linea passa davanti dai reticolati! Che geni far passare il filo fuori delle linee e non all'interno.»
«Falla finita Baumann. Sembri mia zia Heidi che si lamenta delle emorroidi.»
Strisciarono nel buio per una decina di metri.
E trovarono il cavo agganciato ad un cespuglio, uno dei pochi rimasti in quella zona.
«Ora dobbiamo seguirlo...» bisbigliò Kranke.
«È una pessima idea, Feldwebel...»
«Abbiamo degli ordini, Unteroffizier, e li eseguiremo!»
«Per la gloria del Führer?» sibilò Baumann?
Si aspettava la reazione furiosa del Feldwebel.
Invece Kranke si girò quietamente, mettendosi su un fianco.
«Perchè mi devi creare problemi, Baumann? Lo sai benissimo che eseguirai gli ordini, qualsiasi essi siano. Allora perchè non la fai finita, chiudi il becco e mi dai una mano, così ci togliamo da questo posto schifoso?»
Baumann non trovò niente da replicare. Il Feldwebel Kranke l'aveva fregato usando la semplice logica. Al contrario invece di certi ufficiali che ancora si trinceravano dietro il saluto con la mano tesa e, finta o vera, la devozione al Hitler.
Seguirono il cavo, bestemmiando e strisciando, in attesa che qualcuno dei loro li scambiasse per Americani o Inglesi, e gli sparasse addosso. O che gli Americani e gli Inglesi li individuassero e gli sparassero addosso.
Baumann strisciava appena dietro Kranke, sul pendio sassoso. Di giorno si vedevano le rocce biancastre sporgere dal terreno. Di notte erano forme nere contro cui gomiti e ginocchia si stavano lentamente riempiendo di abrasioni e lividi.
Quanto sangue era stato versato sul Calvario?
Tanto.
Sia il loro che quello del nemico.
Udì il Feldwebel emettere un'espressione di giubilo.
«Trovato! Ho trovato il moncone. Ora lo marco con dei sassi e e torniamo indietro. Qui abbiamo fini...»
Kranke si interruppe improvvisamente.
«Feldwbel? Feldwebel Kranke?» chiamò un paio di volte Baumann.
Non ebbe risposta.
Poi nel buio vide sventolare davanti alla sua faccia la mano biancastra di Kranke.
«E muoviti, pelandrone...» ringhiò a bassa voce il sottoufficiale.
L'Unteroffizier dei paracadutisti si mosse e raggiunse Kranke.
Il Feldwebel gli mise una mano sulla bocca.
Poi gli battè sulla spalla e gli girò la testa verso il pendio.
E fu allora che la vide di nuovo.
Una sagoma alta, ammantata di nero più nero della notte con un oggetto lungo in mano era in piedi in piena vista.
Kranke gli bisbigliò nell'orecchio.
«È quello li che hai visto prima?»
Baumann annuì, poi si ricordò che il Feldwbel non poteva vederlo.
«Si» bisbigliò nell'orecchio dell'altro «Proprio lui. E sembra che non abbia paura di prendersi una pallottola.»
Kranke scosse la testa.
«Non riesco a riconoscere l'uniforme. Forse un goumier...»
«Quei dannati beduini del cazzo...»
«I selvaggi che hanno portato gli Americani dal Nord Africa.»
Baumann osservò meglio, visto che per la prima volta era più vicino alla strana figura.
E quando vide scintillare qualcosa i capelli gli si rizzarono in testa.
«Mio Dio... ma che cosa è quella?» balbettò.
«Cosa... per la barba di Eva Braun... la vedo anche io!» disse Kranke e un brivido di terrore gli scosse il corpo.
La figura era immobile, come se fosse indifferente a tutto quello che stava accadendo in quei luoghi ma interessata solo a quel pendio.
Baumann era sicuro di aver rispettato le procedure, e di non aver alzato il volume della sua voce.
E la stessa cosa frullava nella testa del Feldwebel Kranke.
Eppure la figura si mosse e si girò verso di loro.
Videro con strana chiarezza cosa aveva nella mano adunca: una falce.
Ed il volto bianco atteggiato in un sorriso senza labbra con le orbite vuote.
Baumann e Kranke gemettero sommessamente, immobilizzati dalla visione orrenda.
Poi si ritrassero e cominciarono a strisciare verso i reticolati, riguadagnarono rapidamente il varco e la precaria sicurezza delle proprie linee.
Non dissero niente fino a che non furono di nuovo nella buca di Baumann, da dove erano partiti.
Solo allora parlarono.
«Tu cosa hai visto?» domandò balbettando Kranke.
«Quello che ha visto lei, Feldwebel.»
Kranke tirò fuori una fiaschetta e bevve un sorso. Poi l'offrì al paracadutista.
Quando Baumann ingollò il primo fiotto di liquido gli parve di avere bocca, gola e stomaco in fiamme.
Era un intruglio potentissimo. Ma almeno smise di tremare.
Restituì la fiaschetta.
«Grazie...» esitò un'istante e poi aggiunse «Se lei non dice niente, non lo dirò nemmeno io.»
«Ci puoi giurare. Non voglio essere fucilato con la scusa di aver simulato un'infermità mentale...»
«Allora la cosa si chiude qui...»
Kranke annuì.
«Se fosse chi penso... cosa ci faceva qui?» poi però aggiunse.
Baumann si strinse le spalle e si aggrappò al suo Mauser.
«Sembrava che stesse ispezionando il posto.»
Kranke annuì.
«Di sicuro si è data molto da fare da queste parti.»
Si mosse e si sporse oltre la buca, guardò indietro verso il paracadutista.
«Non una parola» disse di nuovo.
Baumann non rispose, annuì soltanto.
Il giorno dopo, proprio dove Baumann e Kranke avevano visto la figura con la falce, un'intera divisione polacca fu completamente annientata.
Quante volte la funerea figura ha ispezionato il campo di battaglia? Senza dubbio una volta di troppo...
RispondiEliminaTante volte. In tutte le guerre.
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