domenica 9 dicembre 2018

ANTEPRIMA: SPACEBORNE MARINES - FARAS - CAPITOLO 3

CAPITOLO 3

La Profezia di Iknas


Il sergente maggiore dei Marines all’ingresso scattò sugli attenti e salutò militarmente.
Awa Ruhoyani non ne rimase impressionata, eppure sapeva di avere di fronte un rappresentante dell’élite militare della Federazione.
Si chiese se la sua reazione fosse dovuta al fatto che  quel soldato terrestre era un maschio. Uno dei proverbi di Faras recitava Fuchi: per il piacere e per la guerra. Nel suo mondo, nella sua cultura, chi era di sesso maschile contava meno di zero.
«Caporale! Controlla il passi della Principessa Ruhoyani!» ordinò in tono secco il sottufficiale. Un caporale dei Marines donna, una Dariana, obbedì immediatamente.
Questa volta la Farasiana dovette controllarsi, Nonostante il suo punto di vista fosse completamente cambiato negli ultimi due anni, non si era ancora abituata a vedere un maschio comandare una femmina.

 Si guardò attorno mentre porgeva il badge. L’atrio austero e coperto di marmi del Quartier Generale dei Marines Spazioportati su Primus era immenso, e la fece sentire piccola.
Questa gente può spazzare via il Matriarcato in un attimo. Può distruggere tutti noi e rimpiazzarci tranquillamente se solo lo volessero.
Il caporale dariano salutò militarmente e rese il badge.
«Sua altezza può seguirmi. Il suo seguito no.»
La nobile annuì e si rivolse al Fuco ed all’Amazzone che la seguivano.
«Sapete cosa fare. Non è la prima volta che mi scortate.»
«Agli ordini, sua altezza» rispose il tenente Waryani, la Farasiana che comandava la sua scorta personale.
Erano entrambi guerrieri e il maschio aveva più anzianità ed esperienza in combattimento della sua controparte. Ma ad avere i gradi di tenente della Guardia della Casata Ruhoyani era la donna.
«La sua scorta verrà ospitata nella sala di attesa per le rappresentanze mentre lei svolge le sue incombenze, altezza» disse il sergente.
«Sta bene. Caporale?» disse Awa senza scomporsi.
«Da questa parte, sua altezza» disse il caporale Hanix.
Awa era più alta buoni di dieci centimetri, ma la dariana non sembrò in soggezione. Fece un cortese gesto indicando la strada.
La nobile oltrepassò i tornelli e seguì il militare.
Si ritrovarono nell’ascensore.
«Autorizzazione MIL-UFMC-19342519, caporale Dana Hanix, sottolivello 10, accesso speciale.»
«Discesa ed accesso non autorizzati. Rilevo una presenza. Caporale Hanix, fornisca autorizzazione anche per il suo ospite» rispose l’ascensore.
«Principessa Awa Ruhoyani. Questo è il mio passi» rispose la Farasiana mostrando il suo badge.
«Codice badge rilevato. Accesso e discesa autorizzati. Benvenuta principessa Ruhoyani.»
Ci fu uno scossone impercettibile e lo schermo cominciò ad scandire i sottolivelli.
C’era una tensione e l’empatia della dariana la rilevò.
«Posso fare qualcosa per lei, sua altezza?» disse Hanix voltandosi leggermente e inquadrando con i suoi occhi castani senza sclera la Farasiana.
«Cosa intende… oh… la sua empatia, vero?»
«Si, sua altezza. Percepisco tensione e disagio. Se la mia presenza la mette in difficoltà mi scuso. Non è voluto da parte mia.»
Awa sorrise, ma l’imbarazzo aumentò.
«Ha ragione caporale. Ma non è lei a mettermi a disagio. È… la situazione…»
«Non capisco… mi scusi, non sono affari miei.»
Awa fece un gesto con la mano e scosse soavemente la testa.
«Non mi sono ancora abituata.»
Esitò ancora. Ma quando fece la domanda sentì la tensione interna dissolversi.
«Non si sente offesa?»
«Cosa?» rispose il caporale Hanix sbarrando gli occhi, che senza il bianco divennero due pozzi scuri.
«Sì… intendo dire… offesa che un maschio la comandi, come fa il sergente maggiore…»
Hanix si lasciò sfuggire un risolino, poi scosse la testa.
«No, sua altezza. È un sergente. Un superiore di grado. Ha tutto il diritto di farlo.»
«Quindi per lei, caporale, la differenza tra un maschio ed una femmina è assente?»
«Per quanto riguarda le funzioni il sesso non conta. Chi merita fa carriera. Non c’è discriminazione.»
«Discriminazione… è una cosa disdicevole, su Primus.»
«Nella Federazione maschi e femmine, pur con le dovute differenze, hanno gli stessi doveri e diritti.»
Awa annuì.
«E non vi sono problemi?»
Hanix arrossì leggermente.
«Non è così facile, sua altezza. Specialmente i Terrestri hanno ancora dei retaggi del dominio maschile nei loro comportamenti. Minimi, rispetto a mille anni fa.»
«Ed a lei questi minimi retaggi non danno fastidio? Mi scusi per la domanda personale.»
In quel momento l’ascensore avvertì che erano arrivati a destinazione.
«Sottolivello 10. Apertura porte. Buon proseguimento!»
Hanix uscì e salutò un sergente donna dariano.
«Sto accompagnando la principessa Awa, sergente Tix…»
«Lo so. Il sergente maggiore Haddad mi ha avvertita. Proseguite pure. Dì alla tua ospite che la Matriarca è di cattivo umore, oggi.»
Awa sorrise al sergente e seguì il caporale Hanix.
«Sono sopportabili. I Terrestri si danno un gran da fare per evolversi, nonostante la loro natura. Li ammiro per questo» disse la Dariana riprendendo il discorso mentre proseguivano lungo un corridoio anonimo.
«Come sa che si sforzano e non sia frutto di politiche o del regolamento militare, caporale?»
«Perchè il mio ragazzo è un Terrestre. Un Marine come me. Abbiamo una buona Unione. Si sforza di capirmi, di apprezzarmi per quello che sono, oltre per come appaio.»
«Come appare? Per l’aspetto?»
«Mi trova bella, pensi un po’.»
«Ha bisogno di sentirsi dire che è bella?»
«Chi di noi donne non ne ha bisogno?»
Ci fu una pausa in cui il caporale Hanix fece una smorfia di disappunto.
«Mi scusi. Sono stata impertinente.»
«Affatto. Mi tolga un’altra curiosità, caporale…»
«Se posso…»
«Io le ho fatto molte domande e lei è stata così paziente da rispondere a tutte. Ma lei non ne ha fatta alcuna a me.»
Hanix si fermò davanti ad una porta in acciaio.
«Mi è stato proibito di rivolgerle domande, sua altezza.»
Awa rimase scioccata.
«Perchè?»
«Per non offendere la sua cultura.»
«Lo trovo ridicolo.»
«Se posso permettermi, sua altezza, non credo affatto.»
«Si spieghi, caporale.»
«Richard, così si chiama, una volta mi disse che nella sua cultura, molti secoli fa, le donne erano considerate poco più di animali da tenere in casa per le faccende domestiche e con cui perpetuare la specie. La cultura è cambiata, lentamente, e non senza violenza e sangue. I maschi erano i dominatori in quasi tutte le tribù terrestri. La vostra cultura è come quella terrestre di tremila anni fa. Solo che sono le donne ad avere il predominio. E questa cosa non cambierà senza violenza e sangue. Ci vorrà tempo prima che persone come lei e me possano parlare serenamente su questo argomento. Quindi ritengo saggia la disposizione che mi impone di non rivolgerle domande. Perchè probabilmente non capirei molte delle cose che per lei sono normali, sua altezza. Offenderla sarebbe un contrario al mio incarico, che è guidarla e proteggerla anche a costo della mia vita.»
Awa annuì.
Hanix indicò il sensore ottico.
«Siamo arrivati. Questa è la cella della Matriarca. Sa come fare. Lo schema della sua retina è stato memorizzato. Mi chiami pure in qualsiasi momento se ha bisogno.»
La Dariana fece per allontanarsi, ma la nobile farasiana la chiamò.
«Caporale Hanix…»
«Sua altezza?»
«Se io le dessi il permesso di farmi delle domande, la prossima volta, sarebbe colpevole di aver trasgredito gli ordini?»
Hanix sorrise. Percepì con la sua empatia amicizia ed apertura.
«No, sua altezza.»
«Grazie. Può andare. Da qui in poi faccio da sola.»
La nobile farasiana pose il viso davanti al sensore e si sentì uno scatto metallico. Aprì la porta d’acciaio ed entrò.
L’ambiente originariamente era un deposito di munizioni, la riserva per il reggimento dei Marines che vigilava sul Quartier Generale, ed era stato adattato come cella. Era spazioso, ben illuminato e diviso in due sezioni: da una parte un ingresso spartano, con un tavolo e due sedie imbullonati al pavimento, e oltre le sbarre una specie di piccolo appartamento dotato di tutto.
Ad attendere Awa c’era il maggiore Golshadine Thera, che aveva assunto le funzioni di dama di compagnia e servitrice della Matriarca durante la prigionia.
«L’Eretica… cosa vuoi Awa?» domandò la Farasiana.
Awa Ruhoyani sfoggiò un sorriso condiscendente.
Thera è pericolosa come un serpente velenoso. È ciecamente fedele al Matriarcato e non è nemmeno nobile. Faras così come è genera solo mostri.
«Dovresti portare rispetto, Golshadine. Non credo che Iknas approverebbe…»
«Sei solo una traditrice. Non ti debbo nulla» sibilò l’altra.
«Awa ha ragione. Io non approverei» disse una voce bassa e potente alle spalle dell’ufficiale farasiano.
Iknas Motani era comparsa all’improvviso ed il maggiore Thera fece un profondo inchino.
«Mi perdoni, mia signora, io…»
La Matriarca fece un lieve gesto di diniego con la mano.
«Non importa, mia cara. Ma gli Ennei vanno rispettati. Danno ordine alla società. Se non ci fossero queste sbarre, avresti potuto uccidere Awa e non avrei trovato nulla da ridire. Ma non mancarle di rispetto. Anche se è un nemico, è pur sempre una karta’n.»
Gli occhi scuri della nobile si rivolsero verso Awa.
«Cosa sei venuta a fare? Non vedi il danno che stai procurando a Faras?»
«A parlarti. La situazione su Faras sta peggiorando.»
«La colpa è tua. E di questi maledetti Eretici che osano tenere una Matriarca prigioniera sotto terra, come se fosse una comune criminale!» ringhiò Iknas Motani.
«Di chi sia la responsabilità è altamente opinabile, Iknas. Se il Matriarcato è entrato in crisi perchè la Matriarca è stata catturata dalla Federazione, forse significa che non è più così forte. Faras è sull’orlo della guerra civile.»
Iknas si sedette, volgendosi verso le sbarre, e fece un gesto sprezzante.
«Faras ha bisogno del pugno di ferro. Ed il Matriarcato ha fatto la sua parte nel tenere unita la popolazione contro gli invasori.»
«Metà della popolazione. I maschi solo perchè vi sono stati costretti.»
«A nessuno piace la dominazione straniera.»
«A nessuno piace essere dominato a causa del suo sesso. Qui nella Federazione non accade» ribatté prontamente Awa.
«E tu sei sicura che sei pronta per il cambiamento, Awa? Che sei pronta a trattare un maschio come tuo pari? A lasciarlo in vita dopo che ti ha soddisfatta a letto? O quando ti disubbidisce?» rispose in tono insinuante Iknas Motani.
La principessa ebbe un’impercettibile smorfia di disappunto.
Legge le mie perplessità. Mi conosce da quando sono nata.
«Non sono venuta qui per questo, Iknas. Voglio sapere cosa farà Tishi come Reggente.»
«Come mai sei così preoccupata riguardo Tishi?» disse la Matriarca con un sorriso cattivo sul volto.
«Giocherò a carte scoperte. La Federazione mi ha proposto di evacuare la mia famiglia dal Palazzo della Casata. Credo che loro sappiano qualcosa ma non vogliano dirmelo.»
«Oh, i tuoi nuovi amici non si fidano di te?» ribatté la Motani con un risolino beffardo.
«Forse. O forse non vogliono che io faccia delle mosse avventate. Tishi è sempre stata una radicale, molto più di te.»
Iknas fissò con i suoi occhi scuri senza sclera la principessa.
«Tishi ripristinerà l’ordine. E la potenza del Matriarcato. E se lo farà come penso, il mio sacrificio non sarà stato inutile.»
«Che vuoi dire?»
«Se Faras è sull’orlo della guerra civile significa che le tendenze eretiche della tua Casata si stanno propagando. Tutto quello che Tishi deve fare è tagliare la testa al serpente.»
«Per gli dei… vuole sterminarci!» mormorò Awa spaventata.
«Esatto. Sarete un esempio per tutti. E se conosco Tishi, non risparmierà nessuno.»
«E non credi che questo invoglierà le altre Casate a ribellarsi al Matriarcato? È un gesto di una crudeltà inaudita!»
«A volte bisogna essere crudeli per ripristinare ordine nella società.»
«Allora non mi lasci scelta» rispose la principessa.
Questa volta fu Iknas ad aggrottare le sopracciglia in una espressione di sorpresa.
«Cosa vuoi dire?»
«Chiederò l’intervento della Federazione.»
«Non ti azzardare…» ringhiò a bassa voce la Matriarca.
«Se la mia famiglia verrà toccata, Iknas, farò tutto quello che è in mio potere per smantellare il Matriarcato pezzo per pezzo. A costo di gettarmi ai piedi di Harta e dirgli di prendermi come sua schiava. Come era ai Tempi Antichi.»
«Sei una cagna in calore. È bastato il Fuco giusto per tradire la tua gente…»
«La mia gente è l’intera Faras, Iknas. Non solo le Amazzoni.»
«Tu distruggerai Faras!»
«No. Io distruggerò solo te e quelli come te.»
Nonostante l’età, Iknas Motani balzò su dalla sedia e si aggrappò alle sbarre.
Aveva gli occhi sbarrati ed un ghigno feroce sul volto.
«Tishi non si limiterà ad uccidere tua madre! Ucciderà i tuoi nipoti! I tuoi fratelli! I tuoi ufficiali! Le divisioni della Casata saranno sterminate o disperse! E tu non ci potrai fare niente! Niente! Tranne diventare la schiava della Federazione e dei loro avidi interessi! Puoi essere una regina! Potresti essere la prossima Matriarca! Se lasci che la Federazione invada Faras sarai solo un burattino nelle loro mani!»
Awa rimase un lungo momento in silenzio.
«Iknas… Nessuno della Federazione ha schiavi. Nessuno sottomette più le femmine. Nessuno le usa più solo per il suo piacere se non i pervertiti o i criminali. E la Federazione paga i dividendi delle attività estrattive rendendo ricchi i pianeti membri. Il Matriarcato ha fatto il suo tempo. E tu sei solo un relitto del passato. Chiederò a mia madre di accettare l’evacuazione.»
«E cosa farai del tuo esercito?»
«Si nasconderanno e si riorganizzeranno, in attesa di tempi migliori.»
Iknas ebbe una risata cattiva.
«Cosa hai da ridere?» domandò Awa.
«Bellissimi progetti! Peccato solo una cosa…»
«Cosa?»
«Che forse è troppo tardi.»

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