giovedì 1 novembre 2018

INEDITO: Una Leggenda di Ognissanti



A me piacciono i paesini piccoli.
Ci si vive bene, molto meglio della grande città. Mi piace l’odore della legna in inverno, quando i caminetti sono tutti accesi, o le stradine silenziose all’ora della pennichella in estate.
Mi piacciono i muri in pietra, il fatto che ci si saluti tutti, dallo spazzino al sindaco, che ci siano ancora i negozietti invece dei supermercati. Mi piace quel senso di appartenenza, quasi di consapevole isolamento, che da un senso di identità forte. I più giovani molte volte si sentono soffocati, vogliono novità, strade ampie e scintillanti, lo shopping frenetico.
A me non frega niente di tutto questo e sto cercando un posto piacevole dove trascorrere gli ultimi anni della mia vita. Per cui viaggio, quando posso, per i paesini a ridosso delle Alpi, cercando un luogo che mi induca a fermarmi per sempre.

 Nelle mie peregrinazioni ho fatto diverse amicizie ed in alcuni di questi paesini ormai faccio tappa ogni volta che posso.
Fu alla fine di ottobre di qualche anno fa, ero al confine tra Veneto e Friuli, che chiamai la mia amica Lina. Era tempo di castagne nel paese di P.. Da quelle parti il bosco ne restituiva di grosse e saporite in quantità, c’era una sagra, una volta all’anno, dove potevi degustare tutto quello che si poteva fare con quei frutti.
«Dove sei?» mi chiese Lina.
«Non lontanissimo. Se allungo ancora un po' in tre ore sono da te. Hai raccolto le castagne?» domandai
«Sì, anche quest’anno son venute belle e tante. Ma è meglio che non vieni oggi. Prendi una stanza da qualche parte e arriva con comodo domani per pranzo. Ti faccio trovare il dolce alle castagne che ti piace tanto...»
«Ma se mi metto in viaggio subito...»
«No. Non oggi. È Ognissanti. Scusami Luca, ma è meglio che tu non stia qui stanotte. Non è per te.»
«Cosa?»
«Domani. Se ti vuoi fermare ti ospito. La camera è libera. Scusami davvero.»
Era assurdo, ma anche se nelle ultime parole il tono di Lina era stato gentile come al solito, la tensione della prima frase non se n’era completamente andata.
Passai la notte di Ognissanti in un albergo di Cortina ed il giorno dopo proseguii per P., in provincia di Pordenone. Lina e il marito mi accolsero e fecero festa, come al solito, anche se sembravano provati: avevano un’ombra scura sul volto che, mano a mano, con il passare del tempo e la compagnia, lentamente sparì.
Fu solo a cena, tra una fetta di dolce alle castagne (divino!) ed un buon bicchiere di Picolit, che chiesi spiegazioni della nostra strana conversazione.
«Potevo essere qui ieri sera, Lina. Perchè mi hai tenuto lontano?»
Il volto di Lina si rabbuiò.
«Ci sono dei motivi. E non so se mi va di spiegarteli.»
«Non capisco.»
«Non è per tutti. E poi mi prenderesti per matta.»
«Sei una delle persone più razionali e sensate che io conosca.»
In quel momento arrivò il marito, Marco, con un grosso ceppo in mano. Indovinò immediatamente l’argomento della conversazione dalle nostre espressioni.
«Lina... perchè non glielo dici?»
«Dirmi cosa?» chiesi.
«Sai tenere un segreto? Non è una cosa di cui parliamo volentieri.»
«Perchè un segreto?»
Marco mise il ceppo sul fuoco, provocando delle scintille.
«Perchè è meglio che nessuno sappia. Solo chi vive qui è al corrente.»
«Ogni paese ha i suoi scheletri nell’armadio... cosa ci può essere di così grave? Avete bruciato qualche strega?» dissi ridendo.
Il riso mi morì in gola quando guardai le loro facce.
«No dai... sul serio... va bene. Non ne parlerò con nessuno.»
«Giura» disse Lina.
«Sono ateo» risposi
«Potresti ricrederti.»
«Giuro sulla mia libertà, la cosa più sacra che ho» dissi.
«Non lo fare a cuor leggero. E bevi un altro po' di vino. Ti servirà» rispose Marco alzando il bicchiere.
Eseguii accompagnandolo con una fetta di dolce alle castagne.
«Allora?»
«E va bene» disse Lina «Tu sai che questa valle c’è solo questo paese. È sempre stato un budello angusto e piccolo, dove il sole batte poco anche d’estate. Riuscire nei tempi passati sopravvivere qui era una faccenda seria. Tra valanghe, neve, terra avara di frutti e difficile da coltivare la vita era dura.»
«Non riesco a crederci... ma come... avete i terrazzamenti! E le vigne! Riuscite a coltivare persino i pomodori! C'è una varietà di mele autoctone, i funghi porcini migliori del Friuli... le castagne! Grosse come metà del mio pugno! È una specie di paradiso.»
«Non è stato sempre così, infatti. Circa duecento anni fa... dopo un inverno peggiore degli altri, morirono tre bambini, arrivò una straniera. Era bella, sfrontata e sopratutto... era una strega.»
«Stai scherzando...» mormorai.
«Nemmeno un po'. Lo era veramente. Una di quelle che danzano nude nel primo sabato di plenilunio. All’inizio la gente del paese la tenne in disparte. Ma le madri dei tre bambini morti si recarono da lei piangendo. E la Strega gli disse che sarebbero rimaste di nuovo tutte incinte prima dell’arrivo del nuovo inverno. Una delle donne allora disse a che serve avere bambini in un posto come questo se poi la natura ce li porta via ancora con il latte sulle labbra?Al che la straniera, di cui nessuno ha mai tramandato il nome, disse che se avessero danzato con lei per un rito necromantico, non solo i loro figli sarebbero sopravvissuti, ma il paese sarebbe diventato prospero e la vita sarebbe migliorata. Non sarebbero diventati tutti ricchi, ma a differenza degli anni passati, nessuno avrebbe più sofferto freddo e fame.»
Nonostante la punta di scetticismo che permaneva, il racconto aveva un suo fascino. Bevvi un altro sorso di vino e invitai Lina a proseguire.
«Che accadde?» chiesi.
«Le tre donne non le credettero. Fino a che, alla fine dell’estate, si accorsero tutte e tre di essere incinte. Allora si recarono di nuovo dalla Strega e chiesero di fare il rito. Era l’ultimo giorno di ottobre. Lei le portò nel cimitero del paese, quello che hai visto all’entrata ma allora era molto più piccolo e rudimentale, e cominciarono a danzare completamente nude poco prima della mezzanotte, nonostante il freddo. Le donne, nella frenesia quasi orgiastica, non si erano accorte che la Strega le aveva abbandonate e le aveva lasciate da sole nel cimitero. Nessuno dei paeseani aveva osato seguirle, ma tutti, poco dopo, ebbero ben chiare le conseguenze di quegli atti sconsiderati. Allo scoccare della mezzanotte si udirono scricchiolii misteriosi e lo scorrere della pietra contro la pietra. Ed i morti tornarono sulla terra. Presero le donne con loro e attraversarono il paese lungo la strada principale, la medesima che hai fatto tu per arrivare a casa mia. Una processione lenta, orribile e silenziosa, accompagnata dal rumore sordo di centinaia di piedi che marciavano con passo strascicato. Qualcuno li vide arrivare e diede l'allarme agli altri compaesani. Tutti fecero appena in tempo a chiudere porte e finestre ben serrate e lasciarono passare l’orda dei non viventi accanto alla loro casa. Guidava le fila un giovane, morto poche settimane prima, che reggeva tra le sue braccia uno dei piccoli defunti durante l’inverno. La madre, ancora viva assieme alle sue sventurate compagne, venne trascinata per le braccia da due contadini morti anni addietro, con ancora indosso i vestiti, laceri e consunti dalla decomposizione, con cui erano stati sepolti.»
Si interruppe e bevve vino come per darsi forza. Poi proseguì.
«Nessuno uscì quella notte. Il mattino dopo dei morti non c'era nessuna traccia. E quando i paesani uscirono per controllare cosa fosse successo, al cimitero trovarono che le lapidi erano di nuovo al loro posto. Ma del destino delle tre donne non se ne seppe più nulla. Non furono mai più trovate. I mariti delle scomparse allora guidarono una rappresentanza di cittadini alla casa della Strega, appena fuori il paese. Cosa è successo alle nostre mogli? domandarono. La donna gli rise in faccia. Non volevate altri figli? Risposatevi e figliate. Non volevate più cibo ed un clima migliore? Li avrete. Questo inverno sarà il più mite che ci sia mai stato da anni. E se non mi credete ancora, andate per il bosco e raccogliete le castagne. E cominciate a potare le viti. Vedrete al tempo della vendemmia, dopo l’inverno se ho ragione o no
«Interdetti e confusi essi fecero quello che la Strega gli aveva detto. Quell’autunno raccolsero così tante castagne come non ce ne erano mai state prima, riempiendo ogni pertugio libero delle case. Per la prima volta non cadde la neve quell’inverno. E quando venne il tempo della vendemmia, l’uva fu abbondante ed ogni tralcio produsse dieci volte la quantità normale di vino. Tutti erano contenti, ma sapevano il prezzo che erano stati costretti a pagare e questo pesava sulle loro coscienze. Significava sottomettersi al dominio della Negromante, perchè questo era la straniera. Ma la processione soprannaturale aveva mutato la terra ed il clima. E nessuno era morto quell’inverno a causa degli stenti. Non ci fu gratitudine. Ed il risentimento si mutò in rabbia quando la Strega si ripresentò dai tre uomini, che si erano risposati tutti, e disse che se volevano fermare i morti dovevano dargli uno dei bambini in sacrificio. E se non lo facciamo? rispose uno dei tre. Allora avrete i morti per strada per sempre. Avrete prosperità per tutto l’anno. Ma ad Ognissanti essi verranno per una notte a coltivare la valle ed a cercare una vittima per il sacrificio. Per tutta l’eternità. Se non li volete sentire gemere e bussare alla vostra porta reclamando le vostre vite, datemi un bambino da sacrificare. E loro non verranno più. Ognissanti ridiventerà una notte come tutte le altre rispose la Necromante.»
«I tre uomini si riunirono e parlarono tra di loro. Poi andarono dalla Strega ed uno di loro disse Ti darò mio figlio. La mia nuova moglie è prossima al parto, ormai. Ma dovrai venirtelo a prendere quando te lo dirò io e dove dirò io.»
Non riuscivo a staccarmi dal racconto. Non mi erano mai piaciute le storie dell’orrore o con gli spiriti che ritornano dall’aldilà. Le consideravo stupide e riuscivano al massimo a generare poco più di un sorriso di compatimento, a causa della mia mentalità razionale. Ma c’era qualcosa nel tono di Lina che mi faceva rabbrividire in continuazione.
«Gli uomini avevano qualcosa in mente?»
«I tre diedero appuntamento all Strega al cimitero, la notte di Ognissanti, poco prima di mezzanotte. Ed avevano un neonato con loro. La Necromante all’inzio gongolò. Poi all’improvviso si ritrovò circondata dall’intero paese. Torce illuminarono la scena con una luce terribile, infuocate come la voglia di vendetta che animava ogni uomo e ogni donna. Non avrai questo bambino, Strega. Non un’altra vita. Se i morti vogliono possono prendere la tua disse uno dei Tre. Una croce fu montata in fretta con dei tronchi, la Necromante fu presa dai valligiani, spogliata ed inchiodata sul legno. Poi, pochissimo prima che scoccasse la mezzanotte, tutti se ne andarono e si chiusero in casa, lasciandola lì, urlante e sanguinante. Quello dei Tre, però, che aveva finto di offrire il bambino, si inerpicò sul campanile della chiesa per osservare cosa succedeva. Lo trovarono il giorno dopo incanutito di colpo fuori di sé per il terrore. La croce con la Necromante era sparita, ma in compenso le urla della donna si erano sentite per tutto il paese come pure i passi della processione dei morti. Da allora la valle continuò a prosperare fino al giorno d’oggi.»
«Bella storia. Non la terrei nascosta, se fossi in voi. C’è gente che impazzisce per cose come queste. Dovreste fare delle visite guidate. Fareste soldi a palate con il turismo» risposi.
«Sapevo che l’avresti presa così. Comunque non raccontare nulla del genere in giro.»
«Non c'è problema, Lina. Un impegno è un impegno.»

Non ne parlammo più, ma poi cominciai a fare delle ricerche per conto mio. E quello che scoprii mi inquietò. C’era stata effettivamente una donna, appellata variamente con il nome di Nekar o Geistera, in diversi paesini del Veneto, del Friuli e dell’attuale Trentino Alto Adige. Quando era apparsa le erano stati attribuiti diversi malefici: scomparse di bambini, di donne o carestie. Era riuscita a scappare prima che le autorità locali potessero metterle le mani addosso. La provenienza era incerta, ma il nome mi sembrò l'italianizzazione di due termini tedeschi (Nekromantin, cioè negromante donna, e Geisterbeschwörerin, cioè incantatrice di fantasmi), per cui supposi venisse dall’Austria, dalla Germania o dalla Svizzera, i Paesi più vicini. Ordinai in sequenza temporale le cronache. E l’ultima apparizione era stata proprio in Friuli, in un paese non molto lontano da P., attorno alla fine del 1700.

Passò un anno ed il mattino del 31 ottobre mi presentai da Lina senza avvisare.
«Che ci fai qui?» domandò.
«Contavo su di te per passare la notte in paese.»
«Tu sei pazzo. Oppure stai cominciando a crederci.»
«Voglio toccare con mano.»
«Augurati di non farlo mai. Nessuno ritroverebbe né la mano né te. Ti preparo la stanza degli ospiti. E stasera sei a cena da noi.»
Il giorno trascorse tranquillo: una bella giornata ottobrina con un cielo chiaro e temperature frizzanti. La passai nei boschi con Lina, Marco e metà del paese, a raccogliere castagne. Mi accorsi che tutti procedevano in gruppi e si contavano sia quando entravano nel bosco sia quando ne uscivano. Ciascuno voleva essere certo che nessuno rimanesse isolato e si perdesse nella foresta.
Quando l'ultimo raggio di sole sparì dietro la montagna, P. divenne innaturalmente deserto.
Lina chiuse accuratamente ogni imposta, si assicurò che i chiavistelli fossero ben serrati e la porta di casa chiusa con tutte le mandate previste. Marco accese il fuoco e lo aiutai a preparare la polenta con il ragù, mentre Lina cuoceva il dolce alle castagne. La serata fu piacevole, passata a chiacchierare, mangiare e bere buon vino rosso.
Quando la pendola scoccò la mezzanotte vidi Marco e Lina diventare tesi.
«Io andrei a dormire... il vino sta facendo effetto» dissi con gli occhi socchiusi.
«Vai pure. Per me è impossibile invece. Se non molto più tardi... verso l'alba.» mormorò Lina.
«... oppure per niente. Io non ci riesco» le fece eco Marco.
«Ah, sì... la storia della processione... io non sento...» inziai.
«Shhh... ascolta...» mi interruppe Lina con gli occhi sbarrati dalla paura ed abbassando la voce.
«Ascolta...» ripetè.
All’inizio non udii niente. Poi ci fu un tramestio smorzato all’esterno della casa. Aumentò di intensità. Infine il rumore divenne distinto: passi pesanti e strascicati per la strada. Ed una specie di gemito soffocato, come quello di un animale a cui avessero chiuso la bocca con un legaccio stretto e questi cercasse di lamentarsi.
«Li senti?» chiese Lina.
Annuii. Brividi di paura cominciarono a percorrermi la schiena ed a scuotermi.
«Sono loro
«Sì. Ora si sparpaglieranno per tutte le strade. Cercheranno di trovare qualcuno vivo da portare via con loro. Poi si dirigeranno nel bosco. E invaderanno la montagna per tutta la notte. Infine, prima dell’alba, tornerano nelle loro tombe. E non ne usciranno più fino al prossimo Ognissanti» disse Marco.
«Non è che avete organizzato uno scherzo?» chiesi celiando. Non ne ero proprio convinto, ma la mia natura razionale cercava di non farsi sommergere da tutto quello che stava accadendo.
«Scherzo? Non apro la porta solo perchè entrerebbero qui e non porterebbero via solo te. Ma se vuoi sincerartene un modo c’è...» disse Lina.
Si alzò e si diresse alla porta.
«Marco, spegni la luce» disse al marito.
Poi sollevò lo spioncino.
«Guarda. Io l’ho fatto una sola volta in tanti anni. E non desidero farlo mai più.»
Mi avvicinai e guardai fuori anche io. Non racconterò quello che vidi. Perchè la mia mente ancora oggi si rifiuta di accettarlo. Posso solo dire che tutto quello che Lina aveva raccontato era vero. Quando uno di loro sembrò percepire la mia presenza, si voltò verso la casa e guardò verso di me con le sue orbite vuote, mi ritrassi e chiusi lo spioncino.
«Convinto?» disse Lina.
Annuii e non ripresi la parola fino a che non sentii il sangue di nuovo scorrere caldo nelle mie vene, aiutato da una buona dose di Piccolit.
«Ho visto nella processione mio padre, una volta» raccontò Lina «era morto poco prima di Ognissanti. Fu per quello che guardai dallo spioncino. Il giorno dopo andai dall’agenzia funeraria, che è in un altro paese, e spesi una montagna di soldi per traslare la salma in un altro cimitero, lontano da qui. Ora riposa in pace.»
Ci ritirammo nelle nostre stanze, ma non riuscii a dormire. Ogni volta che ci provavo mi sembrava di udire appena fuori la finestra un gemito strozzato, un passo lento e pesante, o il raschio di dita ossute che lentamente cercavano di infilarsi tra le stecche della persiana.
Solo verso l’alba trovai pace. Dormimmo tutti fino a mezzogiorno saporitamente, come se la prima luce del sole avesse spazzato via un’oscurità densa e pesante.
Dopo colazione Lina mi invitò per un un giro in auto e prese una strada a mezza costa.
Si fermò in un punto panoramico e scendemmo.
Mi disse solo Guarda!
Da lì si poteva vedere l’intero paese, assieme ai boschi ed alle montagne che lo circondavano. Camini emettevano un filo di fumo dai comignoli sporgenti da tetti in terracotta rossa. Qualcuno, nelle case più antiche, era in pietra. I boschi attorno erano colorati di rosso e di oro, come se le foglie fossero diventate prezioso metallo. Le montagne si ergevano come una corona e le più alte e lontane erano già imbiancate di neve.
«È bellissimo» mormorai.
«Sì, lo è. Ma non mi farò seppellire qui. Non ci si fa seppellire ormai più nessuno del Paese. Ma non ho intenzione di farmi intimorire né di andarmene a vivere altrove.»
Si rivolse verso di me, guardandomi.
«La bellezza si paga. E per tutto quello che vedi il prezzo è una sola notte di terrore all'anno. Se confronti questo con quello che paghiamo ogni giorno per mantenere la società e interi popoli al sicuro da altre minacce, è un ben misero prezzo da pagare.»
Aveva ragione.
Salutai il giorno stesso e ripartii per casa.
Sono andato molte volte, in seguito, a trovare Marco e Lina a P. Ma mai più per Ognissanti. La mia parte di soprannaturale l’ho avuta e mi è bastata per il resto della mia vita.
Sono tornato a frequentare le chiese la domenica, pregando silenziosamente ma accoratamente affinchè il Bene prevalga.
Perchè anche se non so se Dio esista o meno, ancora, so ormai che qualcosa che trascende la semplice materia esiste davvero.
Questione di fede. E nella Vita io ce l'ho. Come nella bontà della morte.


Nessun commento:

Posta un commento