Capitolo 4
DUE MESI A CAPODANNO
Gaia Korrani corse ad ottanta chilometri orari, pestando i piedi a terra, con l’esoscheletro che l’assecondava come una seconda pelle.
Mentre il terreno scorreva sotto di lei ad una velocità a cui non era abituata, se non quando era a bordo di un veicolo, la percezione dell’ambiente rimase chiara.
Simultaneamente, dozzine di dati riguardanti il terreno, la posizione e lo status della sua unità, i Demoni al completo, apparivano e si modificavano nel suo HUD.
E quella era la cosa più nuova e più difficile da gestire.
Durante la fase iniziale di addestramento con le Exosuit si era domandata più volte come facessero i Federali a gestire quel flusso di dati ininterrotto.
A volte era tutto così intenso e veloce da sommergerla e darle un senso di disagio e di vertigine.
Poi, pian piano, seguendo le indicazioni degli istruttori della Federazione, aveva imparato a selezionare, e scegliere solo quello che era necessario a seconda della situazione.
Il campo di addestramento, una pianura a nord di Korga’t, era pieno di emettitori olografici, una delle tante tecnologie in dotazione ai Terrestri, che in quel momento avevano ricreato un agglomerato urbano. In quel momento Gaia stava comandando un assalto di plotone: nemico impersonato da droni con munizionamento reale, dopo tante esercitazioni con quello simulato.
A programmarli era stato il loro istruttore capo, il capitano dei Marines Kathryn Nelson. Gli schemi di combattimento erano stati estrapolati dalle registrazioni di Guardone (ecco come faceva la Flotta Stellare a sapere sempre dove fosse il nemico! Dallo spazio!) e integrati con le osservazioni ed i rapporti che i soldati Ribelli stessi avevano fornito.
Un fuoco infernale provenne dall’ala sinistra, nei pressi di un grosso incrocio e alcune icone, dei rombi rossi, da quel lato pulsarono: dei suoi soldati stavano rispondendo al fuoco.
«Demone Tre-Uno qui Demone Leader! Rapporto!»
La voce di Reva Tyrani arrivò attraverso la radio. Aveva il tono teso ma le parole furono scandite comunque chiaramente.
«Qui Demone Tre-Uno. Siamo sotto fuoco nemico! Ci siamo messi al riparo! Nessuna perdita, le corazze tengono!»
Gaia soppesò per un millisecondo le implicazioni di quelle parole.
I droni dell’OPFOR, come la chiamano i Federali, usano armi e munizionamento prodotto su Faras. Se non riescono a farci danni, significa che Tishi ed i suoi non hanno una possibilità al mondo di fermarci.
«Teneteli impegnati ma non esponetevi. Noi li aggiriamo!» rispose la Farasiana.
Ordinò vocalmente al sistema della Exosuit di visualizzare immagini prese dallo spazio
Sull’HUD visualizzò una mappa degli edifici vista dall’alto.
Una dozzina di rombi blu, il nemico, aveva impegnato la squadra comandata da Reva Tyrani. Ma c’era un grosso assembramento in agguato poco più avanti.
Capì immediatamente la trappola: se fosse avanzata con le altre due squadre lungo la strada principale, subito dopo la piazza, per aggirare con rapido percorso chi teneva sotto tiro la sua ala sinistra, si sarebbe trovata sotto un fuoco incrociato micidiale: c’erano droni nascosti sulle strade a destra ed a sinistra: almeno una cinquantina.
Quella via era chiusa.
Si sentì una esplosione e la radio si aprì.
«Per la Dea Madre! Hanno lanciarazzi al plasma! Se aggiustano il tiro ci fanno a pezzi!» gridò la voce di Tyrani. Non era spaventato, Gaia ormai lo conosceva bene. Era infuriato.
«Faccio in fretta e ti tiro fuori da lì. Distanzia i tuoi!» rispose la Korrani il più calma possibile.
«Già fatto!»
Bravo Reva. Reagisce bene e rapidamente. Ora tocca a me.
Elaborò un piano fulmineamente.
Ordinò al sistema della sua Exosuit di mandare la scansione di guardone al comandante della seconda squadra.
«Demone Due Uno, attraversate la piazza e iniziate ad ingaggiare la via principale. Il nemico vi aspetta per prendervi ai fianchi ed inchiodarvi una volta dentro. Voi non vi spingete oltre ma provocateli e tenete la posizione il più possibile! Ho bisogno di tempo!»
«Ho visto dove sono i bastardi. Quanto?» rispose il sergente Vudani.
«Quattro minuti.»
«Capito. Ce li ha tutti colonnello!»
La squadra centrale si alzò e si mosse in fretta.
Alcune pallottole cominciarono a fischiare senza colpire le figure corazzate che attraversavano lo spazio aperto.
«Demone Uno, pronti a partire e seguitemi. Non abbiamo molto tempo.»
Vide Vudani ed i suoi uomini imboccare la strada, armi puntate.
Poi uno di loro tirò una granata da quaranta millimetri oltre un angolo di un edificio più basso degli altri.
Quando la granata esplose, si scatenò l’inferno.
C’erano droni fatti a pezzi lungo la strada, altri che invece si sporgevano e facevano fuoco, facendo tintinnare le corazze delle Exosuit.
Un drone si affacciò con un lanciarazzi al plasma.
Vudani urlò via radio e aprì il fuoco della sua calibro cinquanta, mentre il soldato più vicino faceva altrettanto raddoppiando il tiro e facendo a pezzi in nemico prima che potesse lanciare.
«Siamo bloccati all’inizio della strada! Sbrigatevi!» urlò Vudani.
«Siamo già in viaggio, tenete duro!» rispose la Korrani mentre correva dalla parte opposta ed imboccava una strada che Guardone dava non presidiata.
Alla velocità di ottanta chilometri orari, il gruppo di Exosuit avrebbe coperto una distanza che, normalmente, un soldato avrebbe percorso in venti minuti. Avevano compiuto metà aggiramento quando la radio si aprì.
«Qui Demone Uno-sei a Demone Leader. Malfunzionamento!»
La Korrani non diede l’ordine di fermare la corsa.
Perderò due dei miei ancora prima di cominciare a combattere.
«Sai cosa fare, Demone Uno-Sei. Fatti aiutare dal tuo doppio. Non posso fermarmi.»
La sparatoria dalla parte opposta a dove stavano andando era più intensa che mai. C’erano state un paio di esplosioni.
Gaia pregò che Reva fosse vivo. La Terrestre, Kathryn Nelson, aveva detto che loro, i Terrestri, accettavano in quel tipo di esercitazioni fino al due per cento di perdite reali. La posta in gioco era ottenere reparti altamente preparati a combattere anche in condizioni di stress vicino a quello reale. Da li la Farasiana si era resa conto di come la Federazione ottenesse il massimo dai suoi reparti speciali: li massacrava con un addestramento che poteva rivelarsi, a volte, più rischioso di una vera battaglia.
Seguitò a correre e controllò con l’HUD che quello che rimaneva della sua squadra la seguisse.
Svoltò finalmente verso sinistra e aprì la radio.
«Pari lato destro, dispari lato sinistro!»
La sua squadra si separò in due metà. Arrivati all’angolo di un edificio, da cui proveniva il frastuono di una sparatoria furiosa, la Korrani si bloccò.
Richiamò una scansione aggiornata di Guardone e controllò le posizioni. Poi senza dire nulla la inviò ai membri della sua squadra.
«Stand by… Ora!» urlò via radio e si slanciò oltre l’angolo.
Il primo drone non fece in tempo a voltarsi: una pallottola calibro cinquanta gli staccò la testa metallica e il corpo si afflosciò come una marionetta senza fili.
Il fuoco incrociato, proveniente da entrambi i lati della strada, cominciò a falciare i droni, occupatissimi in quel momento a fare fuoco contro la squadra di Vudani bloccata in fondo alla strada.
Una gragnola di proiettili colpì la piastra pettorale dell’Exosuit della Korrani, strappandole persino delle scintille.
«Abbiamo attirato la loro attenzione! Indietro ed al riparo!» urlò.
Coprendosi reciprocamente, mentre i droni si voltavano e cominciavano a capire che il pericolo era alle loro spalle, la Farasiana e gli altri membri della squadra arretrarono fino all’angolo, mantenendo un volume di fuoco costante.
«Demone Due-Uno, tocca a voi! Li teniamo sotto tiro. Occhio al blu-su-blu!» ringhiò via radio Gaia Korrani.
«Ora li sterminiamo!»
Il reparto di Vudani cominciò a farsi sotto, occupando gli angoli agli incroci delle strade mentre il resto della squadra riversava una valanga di proiettili sui droni, falciandoli senza pietà.
Improvvisamente i droni impazzirono, non sapendo più da che parte andare per evitare di essere colpiti.
«Tu, con me! Gli altri completino il lavoro e poi mi raggiungano» disse la Farasiana indicando il suo doppio.
I due iniziarono a filare per le vie deserte a tutta birra: Guardone gli dava la sicurezza di non avere sorprese nel percorso finale.
Quando svoltarono l’ultimo angolo, erano esattamente alle spalle del gruppo di droni che aveva inchiodato Reva Tyrani e la sua squadra.
La Korrani e il suo doppio si disposero distanti, in modo da poter operare un fuoco incrociato ed angolato di circa novanta gradi rispetto alla linea di tiro che Tyrani ed i suoi avrebbero usato.
«Reva sono in posizione. Non appena apro il fuoco parti all’assalto!» disse via radio.
«Era ora! Uno dei miei è ferito, razzo al plasma!»
«Non ti perdere in conversazioni inutili… ora!»
La Korrani e il suo doppio emersero dallo scarso riparo offerto dall’angolo di un edificio ed aprirono il fuoco contro la barricata in cemento (simulato) da dove i droni tenevano sotto tiro la Prima Squadra.
I primi caddero come birilli, altri si voltarono come vespe infuriate e cominciarono a sparare contro i nuovi aggressori sbucati alle loro spalle.
Il fuoco contro i soldati della Korrani inchiodati sul bordo della piazza diminuì di botto e Reva Tyrani diede l’ordine di partire all’assalto.
Il tutto durò circa un minuto: come una furia tutto Demone Uno risalì la strada sparando.
Con enorme sorpresa della Korrani, i pochi droni sopravvissuti si voltarono e si diedero alla fuga.
Le strade della città simulata tornarono silenziose, mentre la squadra di Reva Tyrani prendeva l’incrocio e lo metteva rapidamente in sicurezza.
La Farasiana aprì la radio.
«Qui Demone Leader. Rapporto da tutte le squadre!»
«Demone Due-Uno, nemico annientato. Stiamo raggiungendo il punto di raduno.»
«Demone Uno-Sei e Demone Uno-Sette, malfunzionamento non risolto. Stiamo presidiando l’equipaggiamento in attesa dei genieri da combattimento.»
«Demone Tre-Uno. Uno dei miei è stato ferito dal getto di plasma che è penetrato. È vivo ma non potrà combattere per un bel pezzo.»
Gaia soffocò un moto di rabbia e fece per valutare la situazione. Ma non ebbe tempo perchè una figura si materializzò dal muro di un palazzo.
Indossava una tuta HEAPS e portava i contrassegni del capitano dei Marines Kathryn Nelson.
I palazzi sparirono e la città svanì istantaneamente, ritornando ad essere una pianura dall’erba screpolata dal freddo e costellata dalle centinaia di torrette in acciaio balistico degli emettitori olografici.
«Ottimo lavoro, colonnello Korrani.»
«Ottimo? Una di queste maledette tute di latta ha malfunzionato, sottraendo due dei miei dalla linea di combattimento! Ed uno dei miei è ferito gravemente!» sibilò la Farasiana in Inglese standard con il sangue ancora pieno di adrenalina.
«Avevate contro centocinquanta nemici. Voi eravate in diciotto. Ma li avete praticamente annientati. Con la vostra tecnologia sareste stati annientati voi.»
Kathryn Nelson ordinò mentalmente al sistema della sua HEAPS di consultare il log dell’Exosuit della Korrani.
«Ottimo utilizzo anche delle risorse CI3. Ha sempre condiviso le informazioni in suo possesso con i suoi soldati. Decisioni rapide, e risolutive. Credo che lei sia pronta per comandare la sua unità con le Exosuit in un combattimento vero, oltre che in addestramento.»
«Che significa? Sono due settimane che ci esercitiamo in città simulate, ma ancora non sappiamo dove e come.»
«Questo è un problema risolvibile colonnello. Perchè da oggi in poi lei ed i Demoni del Sahan sarete in isolamento. Non avrete contatti con altre unità della Guardia Ruhoyani fino all’inizio della missione. E per l’addestramento non avrete più bisogno di me. Lei è in grado di trasmettere quello che ha imparato ai suoi.»
Improvvisamente gli emettitori olografici si accesero ed un secondo dopo una nuova città emerse dal nulla.
Davanti agli occhi di Gaia Korrani non c’erano più strade e palazzi anonimi. Non potè fare a meno di farsi sfuggire una esclamazione di sorpresa.
«Il palazzo della Matriarca!»
«Esatto. Per il prossimo mese e mezzo questo sarà l’obiettivo su cui vi eserciterete. Avrete in appoggio degli Eso della MSOC. Proverete così tante volte l’attacco a questo palazzo ed alle strutture adiacenti da poterlo fare anche bendati.»
La città di Minia’t sparì di nuovo, lasciando il posto al cielo ed alla natura.
«Se vuole seguirmi, colonnello, le illustrerò il piano di massima. Sfrutteremo le sue conoscenze e lo perfezioneremo assieme. Esercitazione finita. Raccolga i suoi e faccia curare il suo soldato ferito. Ci vediamo tra un’ora al quartier generale dei Demoni del Sahan.»
«Con piacere, capitano.»
Senza salutare, la Nelson si girò e si diresse di corsa verso i confini della zona di esercitazione ad una velocità ancora superiore a quella delle Exosuit.
Reva si avvicinò.
«Dunque ci siamo. Non solo torniamo a Minia’t, ma daremo la caccia alla Reggente.»
«Non ho un buon presentimento, Reva. Tishi è scaltra.»
«Cosa può fare contro le Exosuit, la nostra Enneya e la tecnologia della Federazione?»
Gaia si girò, in modo che Reva potesse vederla chiaramente attraverso il vetro corazzato.
«Non lo so. Ma ci sono cose invisibili che a volte sono più forti di quelle visibili. Non sono così stupida da pensare che Tishi resterà ad aspettare nel suo Palazzo che la tempesta la travolga.»
«Però abbiamo l’occasione di saldare i conti.»
«Questo è vero. E ci prepareremo bene. Renderemo orgogliosi di noi l’Enneya Awa e persino la Federazione.»
«Perfetto. Allora do gli ordini per recuperare l’Exosuit guasta e per far portare via il ferito.»
«Come sta il caporale Terani?»
«Ci rimetterà il braccio. Ma i medici Dariani fanno ottime protesi. Credo che in un mese sarà di nuovo in grado di combattere.»
Gaia annuì.
«Va bene. Io vado al comando. Tu fai rientrare tutti.»
Si avviò a passo di marcia. La rabbia non le era ancora passata. Era troppo evidente la differenza tecnologica tra gli Esoscheletri dei Marines, le tute HEAPS in dotazione ai Federali e le Exosuit.
Ci hanno dato tecnologia che loro hanno scartato. E questo non mi piace. Ma anche così, abbiamo un vantaggio enorme rispetto all’equipaggiamento standard farasiano. Faremo a pezzi i soldati di Tishi.
Ed a quel pensiero il malumore le passò come una nuvola soffiata via dal vento.
Tishi Motani annuì compiaciuta.
La figura agile e slanciata era sottolineata dall’’uniforme da combattimento tagliata su misura ma priva di qualsiasi grado, cosa inusuale, visto che tutte le Amazzoni su Faras prestavano servizio militare per periodi più o meno lunghi.
Sul bavero e sul petto brillavano ricamati in oro i contrassegni della Casata Motani.
Nient’altro.
Assieme a lei, altre figure in uniforme attorno al massiccio tavolo in legno della Sala Operativa, nei sotterranei del Palazzo di Casata a Minia’t.
«Bene, Harya. Sono soddisfatta del lavoro fatto. Quindi tutte le strade che partono dalla frontiera degli ennei Ruhoyani ed arrivano al Mizargar sono bloccate?»
Il generale Harya Serani trattenne un sorriso imbarazzato.
«Il mio piano può essere visto anche in questo modo» rispose asciutta.
La Reggente alzò un sopracciglio, assumendo un’espressione al tempo stesso divertita ed irritata.
«Non ho bisogno di interpretazioni. Ho bisogno di fatti. Le strade sono bloccate o no?»
«Sono presidiate. E visto il materiale umano e logistico che ho a disposizione, non posso fare molto di più» rispose la Serani.
Mi dai gli scarti dell’esercito, mi dai vecchi ed adolescenti come milizia, mi dai equipaggiamento che cade a pezzi. Cosa pretendi?
«Ti stai lamentando per caso, Harya?» domandò in tono tagliente Tishi Motani.
L’alto ufficiale Motani non potè trattenere un feroce sorriso pieno di sarcasmo.
«Sono realista» ribatté seccamente.
La Reggente ricambiò il sorriso del suo generale con uno altrettanto derisorio. Le spalle si rilassarono e la postura fu apparentemente più conciliante.
«Esprimiti liberamente.»
«Non possiamo fermare i Federali. Loro usano tecnologie avanzate, come l’antigravità per i loro mezzi corazzati. Non abbiamo intelligence e non conosciamo i loro piani, nemmeno parzialmente. Possiamo basarci solo sui loro modelli operativi di quarantacinque anni fa, quando ci invasero la prima volta. E c’è un’altra differenza: allora nessuno di noi Farasiani appoggiava la Federazione. Ora ci sono quattro Casate, compresa la nobile Casata Ydani, che combattono contro di noi.»
Udara Hannani batté le palpebre rapidamente e osservò attentamente, senza farsi accorgere, l’espressione della Reggente.
Perché alla frase “non abbiamo intelligence” Tishi per poco non è scoppiata a ridere? Sta facendosi beffe del suo miglior generale.
Tishi Motani annuì.
«Sei tu la responsabile della difesa esterna di Minia’t. Hai fatto tutto questo lavoro per nulla?»
«Possiamo rallentarli. Possiamo rendergli sanguinosa l’avanzata. E tutto questo sacrificando centinaia di migliaia di vite farasiane. Ma non possiamo fermarli» replicò pacatamente Harya Serani. Poi tacque aspettando la tempesta.
«Harya, sai che io ho una immensa fiducia in te…» iniziò la Reggente.
L’Amazzone non potè fare a meno di accennare una smorfia di incredulità.
Dici di avere una immensa fiducia in me. Ma non mi hai dato nulla di quello che ho chiesto per difendere la nostra casa. Ipocrita.
«… Ma dimmi: cosa accadrebbe se un popolo non provasse nemmeno a combattere contro i traditori e gli eretici? Cosa ne rimarrebbe della dignità, della memoria, della propria identità? Come potrebbe chiamarsi popolo ancora, quello della gente Motani, se si lasciasse soggiogare come un animale posto che offrisse il proprio collo al giogo?»
La Serani scosse la testa.
Stronzate retoriche. Cosa rimane di un popolo se viene sterminato inutilmente?
«Mia signora, prevedo perdite del novanta per cento. Il mio suggerimento è sempre stato…» intervenne l’alto ufficiale.
«I tuoi suggerimenti sono improntati a troppa prudenza. Ritirarsi, salvare forze, utilizzarle per una lunga campagna di guerriglia… e permettere, nel mentre, che l’usurpatrice Ruhoyani si autoproclami Matriarca profanando il Palazzo ed il trono del Matriarcato? La gente deve capire. La gente deve sacrificarsi. E vedendo il proprio sangue scorrere, sperimentare sulla propria carne tutta la crudeltà dei Ribelli e degli Eretici. Il popolo deve desiderare la vendetta più di quanto desideri la pace. Così si alimenterà il riscatto finale!» la interruppe bruscamente Tishi Motani.
Udara rimase allibita ma fu abile a non mostrare il suo stato d’animo.
Tishi ha previsto il massacro della difesa esterna. Lo vuole. Vuole che la gente di Minia’t pianga i suoi morti in quantità. Sta alimentando l’odio non solo verso i Federali, ma anche contro le altre Casate Farasiane.
«E chi la condurrà la lotta una volta che Minia’t sarà stata conquistata? Con quali mezzi? Credi, mia signora, che basterà l’unione delle residue forze Motani ed Hannani? Siamo stati lasciati soli, i nostri alleati si sono dileguati. E nemmeno se li avessimo avuti dalla nostra parte avremmo potuto fare qualcosa. Il divario…» provò a ribattere l’alto ufficiale Motani.
Un gesto secco e violento, la mano di Tishi Motani che sferzava l’aria, troncò la frase dell’interlocutrice.
«Ho i miei mezzi. Ho i miei piani. Ho le mie pedine» rispose.
Fece un gesto ad uno degli ufficiali presenti e questi aprì una porta della Sala Operativa.
Quna Gayani fece il suo ingresso con una espressione fiera e feroce sul volto.
Harya Serani non celò il suo disappunto e faticò a contenere la sua rabbia.
Ecco perchè la Reggente ha acconsentito alla mia richiesta di allontanare Quna dal mio Stato Maggiore. L’ha promossa. E la sta usando per un altro incarico.
«Ti presento il generale Quna Gayani, il comandante delle operazioni di difesa interna del Matriarcato a Minia’t» disse in tono compiaciuto Tishi Motani.
«Non sono mai stata informata di tali operazioni» rispose la Serani fissando la nuova entrata.
«Non è necessario che tu sia informata di tutto. La compartimentazione è necessaria, in caso di cattura. Mesi fa abbiamo scoperto una rete di spie della Federazione, se ti ricordi. Ma non è detto che non ce ne siano altre» ribatté tagliente la Motani.
La Serani annuì, ma gli occhi lampeggiavano di irritazione e disprezzo per la sua ex sottoposta.
Il fanatismo di Quna le ha fatto guadagnare i favori della Reggente. Ed assegnarmi la difesa esterna di Minia’t è un modo per allontanarmi dai centri del potere e diminuire la mia importanza.
Un pensiero colpì l’esperta Amazzone.
Sapevo di non essere più nei favori di Tishi. Ma ora so che la battaglia che presto o tardi si svolgerà porrà fine anche alla mia posizione di comandante delle forze Motani. Sono una pedina sacrificabile. Devo osare la sfacciataggine di chi non ha più nulla da perdere.
«Sono sicura che il generale Gayani saprà difendere l’interno di Minia’t come io difenderò, anche a costo della mia vita, la cintura esterna. Tuttavia sia io che te, mia signora, sappiamo che nulla possiamo contro la straripante superiorità tecnologica dei Federali. Quindi suppongo che tu abbia previsto un piano finale per giustificare l’immane olocausto degli ennei Motani? Perché è quello che avverrà.»
Per la prima volta da che quella riunione era iniziata, la Reggente perse il controllo.
Durò un istante soltanto.
Ma Harya Serani vide una rabbia furiosa e lo sconcerto più nero illuminare come lo scoppio di un fulmine nel cielo il volto della sua interlocutrice.
«Tu bada al tuo compito, Harya. Gaya baderà al suo. E cercate di farlo al meglio delle vostre capacità, o rimpiangerete il giorno che avete indossato un’uniforme del Matriarcato!» ringhiò.
Lo sguardo della Reggente saettò nella sala, tra i presenti, in cerca di qualcosa.
I pugni si strinsero fino a far impallidire le nocche.
Poi il mento puntò verso l’alto, la figura si voltò e lentamente, come un felino che si prepari ad un agguato, e si sedette sulla poltrona a lei riservata.
«Tutto quello che serve per difendere la città dall’Eresia è stato discusso oggi in questa sala. I piani sono approvati. Conduceteli fino in fondo e non lesinate risorse. Ogni minuto tolto al nemico è un minuto guadagnato per la vittoria finale. Questo è quanto. La seduta è tolta.»
La Serani salutò militarmente e ignorando la Gayani prese il berretto, lo calzò ed uscì seguita dagli ufficiali del proprio Stato Maggiore.
Anche gli altri ufficiali, del quartier generale della Casta Motani, uscirono e nella Sala Operativa rimasero Quna Gayani, Udara Hannani e la Reggente.
«Ordini mia signora?» domandò la Gayani.
«Li sai. Tieniti pronta. Ma non usare mai il meglio che hai a disposizione. Piuttosto, recluta chiunque tu ritenga opportuno, anche durante la battaglia.»
«Devo cercare dei volontari?»
«Se è necessario, anche l’arruolamento forzato. Chi rifiuta va giustiziato sul posto.»
«Sarà uno spreco di munizioni per eliminare dei vigliacchi…» rispose sprezzante Quna Gayani.
«Ci sono altri mezzi. Usa i pervaz a tua discrezione.»
Udara rabbrividì.
Ci sarà lezzo di carne umana bruciata in tutta Minia’t. E non sarà dovuto all’infuriare delle armi nemiche. Io so di essere priva di scrupoli, ma Tishi sta perdendo il senso della misura.
«I nemici del Matriarcato vanno puniti severamente» replicò la Gayani.
«Puoi andare. Grazie per la tua opera. E ricorda: tu rispondi direttamente a me. I comandanti di teatro non hanno alcun potere sulle unità che comandi. Chiaro?»
«Chiarissimo.»
Quna Gayani salutò militarmente ed uscì dalla stanza.
Ci fu un momento di silenzio assoluto, come se anche il suono delle parole facesse fatica a farsi strada nell’aria piena di tensione.
Fu Udara a parlare per prima.
«Harya ha ragione. A che serve tutto questo senza un piano per vincere?»
La voce di Tishi sembrò venire da un luogo infinitamente lontano.
«Vinceremo.»
«E come? Perchè hai allontanato un’Amazzone saggia e di grande esperienza e ti tieni vicino una giovane Amazzone fanatica?»
«Ho i miei motivi. Quna deve fare un lavoro molto impegnativo e difficile. Ed ho bisogno di una persona che segua le mie direttive senza discutere.»
«Come innalzare roghi e bruciare vivo chiunque si ribelli? Sono vite farasiane quelle che sacrifichi.»
«Nessuna frittata può essere fatta senza rompere le uova» rispose Tishi Motani in un Inglese Standard privo di accenti.
«Non usare la lingua degli Eretici. Mi irrita!» ringhiò Udara Hannani.
«Ed a proposito di loro, Harya ha ragione anche su un’altra cosa: non sappiamo nulla di cosa stiano preparando. Non siamo in grado di prevedere le loro mosse. Siamo ciechi e sordi. Te lo domando di nuovo: come speri di fermarli?» aggiunse.
Tishi si mise a ridere sommessamente. Poi come era venuto, il riso cessò, in maniera innaturale.
«Loro non hanno più spie. La rete che avevano qui… la Casa, è stata completamente smantellata. Sono ciechi e sordi anche i Federali. Ed i Ribelli, che da essi dipendono. Ci sto lavorando, Udara. E presto questo svantaggio verrà colmato. Proprio quando prenderanno Minia’t.»
La Hannani rimase a bocca aperta, in un lampo di intuizione che illuminò un vasto tratto di pensieri.
«Minia’t… è una trappola!»
Tishi annuì.
«Non posso evitare che la conquistino. Lo so perfettamente. Sei una spietata assassina ed un’abile guerriera, per cui ti faccio una domanda: se tu fossi armata di un coltello e il tuo avversario di un potente fucile, cosa faresti per annullare lo svantaggio?»
Udara ebbe l’impressione che alcuni pezzi di un intricato puzzle fossero andati al loro posto. e si cominciasse ad intravvedere l’inizio di un disegno. Provò un moto di ammirazione per la Reggente.
«Cercherei di attirare il mio nemico a portata del mio braccio.»
Tishi applaudì compiaciuta.
«Esatto. Loro vogliono Minia’t. Io gliela darò. Ma devono pensare di essersela guadagnata. Gli costerà cara. E così non avranno alcun sospetto di essere finiti, invece, alla portata della mia vendetta.»
«Costerà ancora più cara a noi.»
«Ah, ma so anche questo, Udara. Costerà talmente tanto sangue ai Farasiani di Minia’t che il loro odio per le Casate Ribelli e i Federali durerà generazioni. E questo mi aiuterà moltissimo a…»
Si interruppe, come se avesse detto troppo.
«Quindi hai un piano nel piano.»
«Ne ho diversi.»
«E nemmeno io ne so niente» incalzò Udara fingendosi indignata. In realtà sapeva perfettamente quanto il comportamento di Tishi rientrasse nella logica di questo tipo di cose: una battaglia fatta di inganni sottili.
«Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti…» disse Tishi Motani scandendo nuovamente le parole in Inglese Standard.
Udara aggrottò le sopracciglia.
«Perchè parli ancora in quella lingua schifosa?» sibilò disgustata.
«In qualunque bocca la Dea Madre metta la Verità, il saggio l’ascolta. È uno dei Profetica di Hany’na la Grande.»
La Hannani fece per parlare ma la Reggente la precedette.
«Le parole sono di un poeta Terrestre, un certo Shakespeare. C’è una cosa di me che nessuno sa. Nemmeno mia madre né mia zia Iknas ne sono al corrente. Sei la prima a cui lo dico, Udara. Ho vissuto sulla Terra per quasi due anni, completamente in incognito. Ero giovane e ribelle. E curiosa. Ho imparato molte cose sulla cultura terrestre che è alla base della Federazione. Ho imparato quali sono i loro punti deboli, quelli di forza, come ragionano, cosa li spinge. E come hanno creato la Federazione. I Terrestri sono come mille rivoli che confluiscono alla fine in un grande fiume. Sono sopravvissuti a loro stessi, si sono fortificati ad un passo dall’estinzione. Ed hanno sottomesso questo settore della galassia.»
«Tu… tu li ammiri!» esclamò sbalordita la Hannani.
Tishi sorrise, ma il lampo negli occhi tradì odio allo stato puro.
«Si, li ammiro. E proprio per questo voglio sterminarli, perchè costituiscono la nostra nemesi. Il teatro della guerra è pronto. Gli attori stanno per entrare in scena. Che il sangue sgorghi copioso. Che credano di aver vinto e di averci sottomesso. E quando metteranno l’usurpatrice Awa sul trono di Faras, non faranno altro che azionare la trappola che li spazzerà via per sempre da Faras.»
Udara rimase apparentemente impassibile.
Ma dentro di sé una battaglia tra un inspiegabile terrore e il rapimento estatico per la promessa di una vendetta totale sugli intrusi la stava dilaniando.
Quale potenza Tishi vuole evocare per liberarsi dal giogo dei Federali? Per sempre è un concetto piuttosto impegnativo. Se le oscure parole che ha pronunciato sono vuote minacce, sentirò la mia carne friggere in un rogo per mano degli Eretici.
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