sabato 28 dicembre 2019

Spaceborne Marines - FARAS: Estratto capitolo 27

 

Un piccolo regalo di Natale.

Per ripagarvi dell'attesa.

Ovviamente è solo la bozza, che potrebbe essere anche molto differente dalla versione definitiva. 

Buona lettura.




Capitolo 27

PRESA DI CONTATTO


Dexter Dax placò l’irritazione controllando per l’ennesima volta le cinture di sicurezza che lo legavano al seggiolino del suo Eso.
Ora l’abitacolo sembrava più spazioso, nonostante in realtà occupasse meno volume, perchè negli Eso Mark 7 erano scomparsi gli attacchi agli stivaletti ed alle braccia per pilotarli. E c’erano meno schermi per controllare i sofisticati sistemi che governavano il complesso sistema da combattimento. La maggioranza delle informazioni, infatti, venivano mostrate direttamente nella mente del Marine ai comandi.
Chiuse gli occhi, come faceva sempre per concentrarsi, e controllò che l’interfaccia ESP fosse in stand by, mentre l’Hornet dove si trovava in quel momento filava a quattrocento chilometri l’ora diretto verso Tabadya’t.
Aprì l’intercom.
«Sono Dax, quanto manca al lancio?»
«Cinque minuti, generale. A tre minuti stand by.»
«Ricevuto, Diskin. In attesa.»
Dax aveva preso l’abitudine di lanciarsi in zone di combattimento sensibili da un paio di giorni.
Il fronte centrale dell’avanzata verso Tabadya’t era costituito da quattro divisioni Ruhoyani comandate personalmente dall’Enneya Awa e rinforzate da una divisione della Guardia, mentre le ali destra e sinistra erano tenute da delle divisioni di Fanteria Federale esperte ma al loro primo utilizzo su Faras.
Il problema era rappresentato dagli attacchi mordi-e-fuggi portati con notevole abilità dalle truppe Motani durante l’avanzata.
Quando Udara Hannani aveva realizzato che attaccare sui fianchi era troppo pericoloso, perchè le truppe terrestri erano ben armate e perfettamente addestrate, si era concentrata al centro, sulle colonne Ruhoyani, più alla sua portata.
Pur non potendo impedire ai Ribelli di arrivare alla periferia di Tabadya’t, ovviamente, era riuscita ad ostacolare notevolmente Awa, anche perchè non le era sfuggito un particolare: che i Terrestri non si mostravano particolarmente aggressivi e le truppe Ruhoyani faticavano a coordinarsi con le truppe della Federazione.
Come risultato, non appena Tabadya’t era stata messa sotto assedio, gli attacchi erano diventati più violenti e le truppe Ruhoyani si disperdevano con facilità, aspettando, come consueto per i Farasiani, la notte per raggrupparsi ed attaccare di nuovo di giorno.
Dax aveva dovuto fare i conti, inoltre, con un limite di Guardone: l’IPMD non riusciva a distinguere le truppe Ribelli dalle Lealiste. I segnali erano identici, essendo tutti alieni della stessa specie.
Come prima soluzione aveva dotato tutti i comandanti di plotone Ruhoyani di trasmettitori IFF[1]. Questo aveva migliorato parzialmente la coordinazione, ma quando le truppe dei due schieramenti erano venute a contatto il problema si era ripresentato.
Per questo aveva preso a lanciarsi dove c’era più bisogno. In primis per prendere visione della situazione da vicino: Qunadeh, dove era il Quartier Generale cominciava ad essere lontano qualche centinaio di chilometri da dove avveniva l’azione. E poi perché aveva visto che la presenza degli Eso dei Marines, e la sua in particolare, rassicurava i Ribelli, mentre intimoriva le truppe Lealiste. Al punto che tra i soldati Ruhoyani girava la voce che dove appariva l’Eso del capo dei Terrestri i nemici cominciavano a perdere la battaglia.
Questa volta, però, si trattava di un caso diverso: dopo un violento scontro a fuoco alla periferia di Tabadya’t, i segnali IFF erano completamente scomparsi. E di un intero reggimento Ruhoyani non si era più riusciti a sapere nulla. I rapporti via radio erano stati vaghi e Dax era salito come una furia sul suo Eso Mark 7 per capire se nel bel mezzo del dispositivo di assedio si fosse aperto un pericoloso buco.
Aprì il datalink con Guardone e rimase sconcertato: c’era una pletora di segnali blu nell’area-bersaglio. Erano tutti uguali e non c’era modo, ancora una volta, di distinguere gli amici dai nemici.
Provò diversi filtri per evidenziare differenze, senza risultato.
Infine chiamò Hilda Torres sul canale privato. Hilda e sei del suo Combat Team fungevano da scorta, equipaggiati con Eso Mark 7 nuovi di zecca arrivati direttamente da Primus.
«Hilda, non vedo segnali IFF. Idee?»
«Negativo, Dax. O un guasto oppure i Farasiani si sono mangiati i trasmettitori IFF.»
«Non è possibile che si siano guastati tutti contemporaneamente.»
«Allora i Lealisti hanno trovato una contromisura e stiamo per saltare in un mare di merda.»
Dax diede un’occhiata al cronometro.
Mancano due minuti allo sgancio.
«Non sarebbe una novità, Hilda. Ci vediamo a terra. Chiudo.»
Dax diede un ultimo sguardo alla mappa sullo schermo principale: gli unici datalink funzionanti erano i suoi e quelli della sua squadra. Per il resto era un marasma  di segnali blu, indicanti entità biologiche farasiane in movimento. Parecchi di quei segnali a scomparivano all’improvviso.
Dax sapeva il significato.
Laggiù si combatte. E si muore.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce del colonnello Diskin.
«Dax ci siamo, un minuto al lancio…»
«Yuval, c’è una variazione, anticipa lo sgancio di trenta secondi.»
«Dietro le linee della Guardia Ruhoyani?» domandò stupito l’Israeliano.
«Sì, c’è qualcosa che non quadra. Non ho tempo di spiegarti.»
«Ricevuto… venti secondi allo sgancio… stand by!»
Dax attivò l’interfaccia ESP e, come ogni volta, lo assalì la sgradevole sensazione di essere travolto dalle miriadi di informazioni che affluivano alla sua mente. Sentì le braccia dapprima diventare rigide e pesanti.
Poi fece come l’istruttore che lo aveva addestrato ad usare i nuovi Eso gli aveva raccomandato: mosse un paio di volte le enormi dita d’acciaio come se stesse maneggiando un uovo.
Non poteva fare altro perchè nella delicata fase di sgancio azionare altre parti dell’Eso, pesanti tonnellate, avrebbe compromesso l’equilibrio del mezzo da sbarco antigravità.
Il feedback fu immediato ed acquisì la propriocezione ed il controllo dell’Eso.
«Cinque secondi allo sgancio… tre… due… uno… via!» disse la voce di Diskin nell’intercom.
Dax fu il terzo in ordine di lancio: prima di lui Hilda Torres e il ComOp[2] della squadra. La sensazione di vuoto dovuta alla caduta libera da trenta metri di altezza fu completamente diversa dagli Eso precedenti, più dolce. Non aveva comandato all’interfaccia mentale di passare al sistema automatico di atterraggio, ma era completamente in manuale.
O meglio, nei pochi secondi che intercorrevano tra lo sgancio e il contatto con il suolo, Dax si affidava alle percezioni che l’intero Eso gli rimandava nella mente, espandendo le sensazioni del proprio corpo fino a diventare uno con la macchina.
Si era esercitato molto in questo senso, arrivando ad effettuare sganci da un’altezza dieci volte quella standard, trecento metri invece dei normali trenta, e comandando con il pensiero l’assetto e la spinta dei repulsori antigravità. La prima volta che l’aveva fatto all’ultimo momento aveva dovuto ricorrere al sistema automatico perchè aveva rischiato di schiantarsi. Questo gli aveva fruttato un soprannome tra i Marines più anziani del Quartier Generale: Ironman.
Cosa volesse dire, e perchè ad esempio il sergente maggiore McAleese ci sghignazzasse ogni volta sopra, Dax non l’aveva mai saputo.
Poi ci aveva preso la mano ed aveva capito che non era una questione di volontà, ma di percezione e di armonia. Grazie ad un ufficiale medico della Flotta Stellare, il dariano Zardarix, che conosceva dai tempi di Odissey, aveva imparato in meno di due secondi a rilassarsi, fare vuoto nella sua mente e riordinare tutte le sensazioni che provenivano dall’interfaccia ESP. Dopo di che fare qualsiasi cosa con il suo Mark 7 diventava naturale e facile come infilarsi un paio di mutande pulite.
Dax si ritrovò a terra, i grandi piedi di metallo solidamente appoggiati al suolo, e la calibrazione avvenne in meno di cinquecento millisecondi, mentre attorno a lui finivano di atterrare tutti i componenti della sua scorta.
Estrasse il cannone a canne rotanti da venti millimetri nel tempo stesso in cui, mentalmente, controllava la posizione e l’allineamento degli altri Eso.
Fece per dare ordini quando si ricordò che in realtà il comandante del gruppo era la Torres.
Sentì la Messicana ringhiare ordini via radio e gli si accapponò la pelle.
«Missili al plasma in arrivo! Compattarsi!»
L’Eso si raggomitolò senza che Dax dovesse premere un qualsiasi bottone. L’aveva solo pensato e la macchina l’aveva eseguito in maniera totalmente naturale. Il proprio corpo di carne e sangue era come sparito. Percepiva quello di metallo ed energia fino all’ultima articolazione, fino all’ultimo sensore.
Dax aprì la radio.
«Qui Cesar a Invictus! Individuate la provenienza!»
«Ricevuto Cesar. È quello che stiamo cercando di fare!» rispose Hilda Torres.
«Qui Invictus Tre, il fuoco proviene da cento ottanta gradi e noi ci siamo proprio in mezzo!» disse uno dei Marines con accento dariano. Dax registrò il fatto di non aver riconosciuto la voce.
Una volta conoscevo tutti i Marines della MSOC. Uno per uno…
«Parla Invictus Leader, togliamo il culo di qui!» abbaiò per radio Hilda Torres.
Dax aprì il canale privato con la Messicana.
«Hilda, scegli un punto ad una delle due estremità e carichiamo al galoppo!»
«Dax, fammi fare il mio lavoro! E sopratutto stai attaccato alle mie chiappe!» rispose la Torres e poi chiuse la comunicazione.
Due secondi dopo la sentì sul canale generale.
«Invictus a tutti! Coprite il lato sud, Massima intensità di fuoco ad ovest, carica a tutta velocità! Muoversi!»
Dax fece rialzare l’Eso e si ritrovò a correre  a centoventi chilometri orari affiancato al ComOp.
Volle controllare la sua posizione nello schieramento.
Nella sua mente si visualizzò la mappa: Hilda aveva fatto in modo che lui fosse al centro di uno schema a doppio diamante.
Se un missile al plasma fosse arrivato, avrebbe colpito prima gli Eso all’esterno della formazione.
Nel frattempo il gruppo di Eso che costituiva l’avanguardia aveva aperto il fuoco contro le posizioni da dove un nemico di cui non sapevano nulla li stava bersagliando.
Iniziò anche il fuoco di artiglieria e di armi leggere, segno che la distanza tra di loro e chi gli sparava addosso si stava rapidamente riducendo.
«Qui Invictus Cinque! Sono stato colpito! Eso non disabilitato, corazza a ore nove è stata seriamente danneggiata!» disse la voce di un altro Marines.
«Continua a correre ed a sparare, Invictus Cinque!» ringhiò via radio Hilda Torres.
Dax da parte sua faceva fuoco sporadicamente ed in maniera mirata, avendo ampi settori di tiro impediti dalla presenza degli altri Eso.
Si era reso conto di non fare più esattamente parte delle forze combattenti. Era il VIP da proteggere che si era trovato per caso dove non avrebbe dovuto essere. E c’era sempre il problema di non interferire con la catena di comando della sua scorta, sminuendo l’autorità di Hilda Torres con i suoi interventi.
Approfittò per visualizzare la zona dall’alto: nella sua mente apparve una mappa satellitare 3D perfettamente particolareggiata. L’apparizione istantanea gli provocò un accenno di vertigini, dovuta al fatto che il suo cervello, contemporaneamente, doveva controllare il terreno dove stava correndo a tutta velocità.
Dopo un tempo infinitesimale la sua percezione si sincronizzò e scrutò la mappa come se stesse volando.
Poi aprì la radio sul canale privato.
«Hilda, qui Dex. Ho trovato un posto dove stabilire un punto di resistenza e riorganizzarci.»
«Riorganizzarci? Ho già chiamato la QRF!» rispose la donna.
«Tempi?»
«Quaranta minuti.»
«Sono troppi. Abbiamo bisogno di copertura. Ti mando le coordinate. Visualizzale.»
«Ricevuto. Okay, Dexter. È una buona posizione.»
«Ti seguo. Chiudo.»
Dax chiese il rapporto danni dell’unità di scorta.
La lista apparve nella sua mente come un incubo.

Rapporto danni Invictus:
Invictus Leader… corazza pettorale lievemente danneggiata
Invictus Uno… corazza del torso laterale sinistra perforata. Danni a sistemi secondari.
Invictus tre… corazza della spalla e articolazione fuori uso.

Il cinquanta per cento degli Eso ha subito danni. Che sta succedendo?
Risuonò un allarme.
Il sistema di acquisizione e controllo dell’Eso trasmise un messaggio mentale.

Otto blindati ruotati in arrivo da 162 gradi, ottanta chilometri orari. Mostrare armamento e scheda tecnica?

Mostra solo armamento…

Cannone farasiano automatico a tiro rapido da venticinque millimetri, mitragliatrice anteriore. Mostrare scheda tecnica?

Dax interruppe la comunicazione con il sistema.

Non sono una minaccia. Quei cannoni non possono perforare le nostre corazze. E stiamo per arrivare al riparo.

Il gruppo entrò in una conca circondata da colline e due Eso di retroguardia si girarono, chiudendone l’accesso ed aprendo il fuoco contro i blindati in arrivo, usando proiettili perforanti.
I primi due blindati farasiani si fermarono di botto e cominciarono ad emettere un fumo denso. Nessuno uscì, nemmeno quando, dopo qualche secondo, furono visibili le fiamme.
«Invictus Leader, qui Invictus Sei, da dove venivano quei missili al plasma?»
«Non ne ho idea, Invictus Sei. Visto che hai ancora energie per fare domande, sali fino sulla cresta e con il sensore periscopico mandami le immagini di quello che vedi.»
«Ricevuto, Invictus Leader.»
L’Eso si mosse, si inerpicò agilmente lungo il pendio. Si fermò poco prima della cima e un braccio telescopico uscì dal dorso, proiettando un sensore oltre la vetta della collina.
Hilda Torres ricevette le immagini e le ritrasmise via datalink al gruppo.
«Abbiamo una fortuna maledetta. Siamo in mezzo alle linee nemiche. Ed in vista della periferia di Tabadya’t» disse la Messicana via radio.
Dax vide le basse case, tipiche delle piccole città farasiane, rompere la monotonia della steppa dei Territori Franchi. Oltre, le prime foreste che segnavano il confine con la zona fertile dei territori Ruhoyani.
Poi qualcosa attirò più ad est la sua attenzione e impartì l’ordine di ingrandire.
«Qualcosa non torna, Invictus Leader. Ci sono Farasiani che sparano addosso ad altri Farasiani, appena oltre la linea del fronte che credevamo quella delle truppe Ruhoyani.»
«Ho visualizzato Guardone, Cesar. Dove sono i fottuti segnali IFF? Non riesco a distinguere niente.»
Ha ragione.
«Invictus Leader, comunque quelli che ci sparavano addosso sono Lealisti. E noi abbiamo sempre un reggimento Ruhoyani da rintracciare.»
«Idee?»
Dax sospirò.
«Lasciami analizzare la situazione. E se si avvicinano degli ostili, staccagli la testa a colpi di cannone.»
«Ricevuto, Cesar, con piacere.»
Visualizzò mentalmente un’area più ampia e cercò di analizzare i movimenti apparentemente disordinati dei segnali farasiani. Poi si concentrò dove aveva visto lo scontro a fuoco.
Formulò un’ipotesi.
Se il reggimento Ruhoyani che teneva questo tratto di fronte è stato aggirato, ora è circondato. I Lealisti non possono avanzare fino a che non l’hanno annientato, ma spiegherebbe il perchè dei Farasiani si stiano sparando addosso l’uno con l’altro. Ma non la mancanza di segnali IFF.
Restò a guardare per qualche secondo.
E individuò un grosso gruppo di segnali farasiani immobili al centro, mentre altri gruppi consistenti si muovevano attorno al primo come le spire di un boa costrittore sulla vittima.
Aprì di nuovo il canale privato con la Torres.
«Hilda, credo di aver trovato il reggimento Ruhoyani. Non è lontano…»
«Che vuoi dire con la frase non è lontano
«Hai capito benissimo.»
«In sei contro almeno un battaglione dotato di missili al plasma?»
«Se hai notato, i lanci di missili sono stati relativamente pochi. Sanno che i Marines non operano in questo settore del fronte e quindi quelli che hanno ora equipaggiano le divisioni ai fianchi dei Lealisti. E poi saremmo in sette.»
«Io ho il compito di proteggerti, Dexter, non di farti fare la fine di Custer a Little Big Horn.»
«Ed io ho il compito di capire che sta succedendo e perchè non funziona niente in fatto di coordinazione. Se annientano il reggimento Ruhoyani possono aggirare i fianchi. Compresi quelli dei nostri reparti.»
«Che vuoi fare?»
«Essere il coltello caldo che affonda nel burro. E arrivare…»
Visualizzò su uno dei pochi schermi rimasti sulla plancia di comando una porzione della mappa. Segnali blu palpitavano dappertutto.
Dax poggiò un dito su un punto.
«… Qui.»
«Perché lì?»
«Perché sono sicuro che almeno in quel posto ci ricongiungeremo con forze amiche.»
«Dexter, patti chiari: io guido, tu segui.»
«Tu hai la direzione tattica. L’ordine ce l’hai. E sai anche che siamo in grado di farlo.»
«Lo so. Abbiamo affrontato intere brigate di Urdas. Possiamo strapazzare anche questi selvaggi color terracotta. Chiudo.»
Sentì Hilda Torres impartire gli ordini.
«Invictus Due, Quattro e Sei formazione in linea, distanziati di duecento metri. Invictus Uno e Tre di retroguardia e copertura a Cesar. Cesar, tu segui dietro. Niente iniziative.»
Nella mente di Dax apparve il punto di partenza dell’assalto: sarebbero partiti dalla cima delle colline, dall’alto verso il basso.
Si vedranno arrivare gli Eso addosso come una valanga. Ottimo approccio Hilda. Come ai vecchi tempi.
I Marines presero posizione in formazione appena al di sotto della cima della linea di colline.
Poi il tenente Hilda Torres diede l’ordine.
«Assalto! Via! Via! Via!»

(...continua...)


[1] IFF = Identification Friend or Foe, Identificazione Amico o Nemico. È un sistema, messo a punto per la prima volta dai Britannici durante la 2° Guerra Mondiale, che consentiva di distinguere sui radar gli aerei nemici da quelli amici.
[2] ComOp = Nella riorganizzazione dell’UFMC è il Communication Operator, un Marine dotato di Eso equipaggiato con tutto quello che serve per le comunicazioni a lunga distanza e eventualmente con le astronavi in orbita. In gergo viene chiamato RTO, come ai vecchi tempi.

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