mercoledì 7 marzo 2018

ANTICIPAZIONE: Un estratto del CAPITOLO 1 del nuovo libro "Le Indagini dell'MCCIB - VENDETTA"

So che siete in trepida attesa del prossimo episodio delle Investigazioni dell'MCCIB, il nr. 5.
E caldo caldo di tastiera, eccone una anticipazione: le prime righe uscite dal mio MacBook così come le ho digitate.
Non è stato facile prepararlo, anche perchè un altro progetto, bilingue, mi ha preso molto.
Ma la trama girava nella mia testa da parecchio.
Credo molto in questa serie sci-fi poliziesca. Perchè dentro ci trovate di tutto: azione, indagine, storie personali, introspezione, intrigo. 
E poi io adoro Sema Harna e i Perdenti Nati. 
Ovviamente questa è una bozza, offerta in totale anteprima. E quindi suscettibile, in sede di pubblicazione finale, di variazioni.


 
CAPITOLO 1

Cinque Giorni Prima: QUELLA STRANA SENSAZIONE

Red Stone aveva ripreso da poco l’abitudine di correre la mattina, prima di andare in ufficio, al quartier generale dell’MCCIB.
Era una abitudine che aveva preso quando era un giovane ufficiale del Servizio Scientifico della Flotta Stellare. Lo aiutava a rimanere in forma ed a riprendersi da notti di gozzoviglie. A quei tempi era stato brillante in tutti i sensi, dal punto di vista del lavoro e delle cosiddette relazioni sociali. I motivi per cui lo faceva ora erano contrastanti. Durante il primo matrimonio aveva smesso. Claire lo assorbiva completamente. E solo dopo il divorzio, parecchio dopo, si era reso conto in quale nebbia quel rapporto l’avesse avvolto, togliendogli lucidità. Il primo motivo, quindi, per cui lo faceva era per mantenere il controllo di se stesso. Era all’alba dei suoi quaranta anni. Li avrebbe compiuti il prossimo anno. Ma stava riprendendo forma a vista d’occhio. Alzarsi alle sei di mattina, quando avrebbe potuto dormire accanto a Sema ancora per un’ora abbondante, era un sacrificio. Ma compiere quei cinque chilometri di sforzo fisico era una fuga simbolica dal passato. E stabilire che il presente era basato su presupposti di sano egoismo.
Svoltò a destra e percorse il viale alberato fino a metà. Poi salì i gradini e azionò la serratura elettronica che riconosceva la retina del suo occhio. Continuò a salire i gradini al piccolo trotto. Aprì anche la porta dell’appartamento, dotato della stessa serratura.
L’accolse il silenzio più completo. Percorse rapidamente il piccolo corridoio, passando davanti alla porta della camera da letto, dove Sema, sua moglie ormai da sei mesi, dormiva ancora profondamente. Aprì la porta del bagno, la richiuse, si spogliò della tenuta ginnica intrisa di sudore e si ficcò sotto una doccia bollente. Era un modello derivato da quello delle astronavi, andava di moda, che consumava pochissima acqua pur elevando l’efficienza complessiva.
Cinque minuti esatti, per ripristinare la sensazione di pulito e di benessere, e poi si era rivestito pronto per l’ufficio: abbigliamento casual di alta qualità come al solito, ma leggero, visto che era maggio inoltrato e stava per cominciare l’estate.
Si diresse al cucinotto ed apparecchiò il minuscolo tavolo per due illuminato dalla finestra che dava sul fronte del palazzo, sulla strada.
Dispose le tovagliette, le tazze i piattini e le posate. Aveva acquistato tutto lui di sua iniziativa da S-Mart, la catena di arredamento svedese che ne aveva inglobate diverse e produceva su una dozzina di pianeti della Federazione.
Poi scaldò la piastra e cominciò a fare i pancakes. Aveva la miscela pronta, gli ci volle un attimo. Erano belle calde e le impilò in un piatto, che mise al centro del tavolino, accanto alla bottiglietta dello sciroppo d’acero. Poi mise la verdura nel processore. Aprì le buste di succo d’arancia micro-liofilizzato ed aggiunse acqua nella giusta proporzione. Le proprietà del frutto erano intatte, con quel metodo, se si rispettavano le istruzioni alla lettera. Riempì il bricco. Ed il secondo bricco di caffè nero ben caldo.
Se ne servì una tazza e ci aggiunse il dolcificante. Si mise seduto e guardò il terminale da polso. Sorrise. Tra poco la sveglia nella camera da letto avrebbe suonato.
Rifletté sull’altro motivo per cui si svegliava presto ed andava a correre. Ed aveva segno completamente opposto al primo. Gli piaceva dedicarsi a Sema. Tutta quella preparazione era un rito di appartenenza. Apparteneva a lei. Il matrimonio era stato solo una formalità. Perchè dopo quello che era successo su Elassa tutte le separazioni, tutti i dubbi erano caduti. Per la prima volta in vita sua amare non significava avere paura di perdere qualcuno. Prima che la città cominciasse a svegliarsi, prima di affrontare il traffico umano e la calca in metropolitana, e di farsi prendere dai ritmi forsennati del lavoro, quel momento era la costruzione di una completa intimità, seconda solo al fare all’amore. Fatta di sguardi, di silenzi. Di piccole conversazioni sul niente e sul tutto. Di lei che gli si accoccolava seduta sulle sue ginocchia. Le mani libere, perchè non reggevano una tazza, si univano e si stringevano, cercando un contatto che nessuno avrebbe voluto interrompere. Con la promessa di riprenderlo la sera. Se il lavoro lo avesse permesso.
Vide una luce nel palazzo di fronte. I palazzi erano stati costruiti con la stessa pianta ed a parte le ristrutturazioni, l’apertura da cui proveniva il chiarore corrispondeva quasi certamente ad una cucina identica alla sua.
La sua attenzione fu attirata da un movimento. Si rese conto che c’era una figura che lo guardava proprio da quella finestra. Una donna bionda, completamente nuda dalla cintola in sù.
La donna sorrise. Poi delle mani maschili coprirono i seni generosi e la attirarono all’interno.
La visione durò due o tre secondi al massimo, lasciando Red, sorpreso ed incuriosito, in piedi con la tazza in mano.
La voce di Sema lo fece sussultare.
«Cosa guardi Red?»
Lui si girò. E gli venne voglia di abbracciarla. Restò, invece, con la tazza in mano ad osservarla.
La lunga felpa bianca copriva le forme di sua moglie, ma arrivava appena all’inguine, lasciando intravvedere le semplici culottes in cotone e le lunghe gambe muscolose e tornite.
«Ho appena scoperto che abbiamo dei dirimpettai esibizionisti» rispose lui senza smettere di guardarla.
«Ti ho distratto, allora.»
«Direi che non c’era niente da cui distrarmi. Mi piace molto di più quello che vedo ora.»
Sema sorrise. Gli si avvicinò e lo baciò appassionatamente.
Le riusciva ormai facile lasciarsi andare a quei gesti. Non tutto quello che i Terrestri facevano era sbagliato, anche se totalmente illogico. Per il sesso le occorreva ancora lo Shenk. Era irrinunciabile. Ma Red era diventato abile e riusciva a risvegliarla in pochissimo tempo. Le era capitato, un paio di volte, di saltarlo completamente, presa dalla voglia. Si era comportata in una maniera che aveva sconvolto entrambi.
Quando lui le aveva domandato cosa le fosse successo, lei le aveva risposto semplicemente con un nome.
«Traibius Karna. Aveva ragione» aveva ansimato mentre smaltiva l’orgasmo.
«Non capisco…»
L’aveva abbracciato forte e lui aveva ricambiato, capendo al volo che non era il caso di spingersi oltre. Prima o poi lei gli avrebbe parlato.
Da allora era stata più cauta. Doveva proteggerlo. Anche da se stessa.
Il filo dei pensieri di Sema si interruppe quando la sua bocca si staccò da quella di suo marito.
«La casa di fronte?» domandò sussurrando.
«Sì. Lei si è praticamente affacciata nuda. E c’era qualcuno…»
Sema rise e girò attorno al tavolo. Prese la tazza e la riempì di caffè nero.
Poi mise sul piatto un pancake ci versò sopra lo sciroppo d’acero.
«Sono arrivati due settimane fa, dall’Europa. Non ho capito di dove siano, esattamente, se Norvegia o Germania. Tutti e due biondi e che sembrano tratti di peso da una rivista di fitness. Strano che tu non abbia mai incontrato la donna quando vai a correre la mattina.»
«Perchè?»
«Corre anche lei.»
«Percorsi diversi.»
«Greenwich Village non è così grande» ribatté Sema.
«Avrà l’abilità di non farsi notare.»
Sema addentò il pancake e si concentrò.
Qualcosa nella risposta di Red le fece suonare un campanello d’allarme lontano nella sua mente. Ma non riuscì a collegare la cosa. Le sarebbe venuto in mente.

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